Suggestioni
Ossia frasi, spunti e riflessioni che mi hanno colpito e che voglio proporre all’attenzione di tutti… una pagina un po’ più “intima”.
Nihil mihi iucundius quam deambulando invenire quod eundo quaero
Mi devo forse scusare se cito direttamente in latino? So che non è una lingua molto amata (chissà poi perché, credo che sia colpa di schiere di professori incompetenti…), ma la frase suona decisamente più solenne e bella: “Non c’è nulla di più gioioso per me che trovare camminando ciò che cerco nel mio andare”.
Cambiare vita, del resto, credo sia l’arte di passeggiare accanto alla vita che scorre, cogliendone gli attimi e le occasioni, non per svoltare, ma per continuare una meravigliosa e complicata storia, unica ed irripetibile…
Trovo strano il fatto di dover leggere il giornale per scoprire chi sono e poi sforzarmi di diventare quella persona. Piccoli errori giornalistici sfuggono di mano e la storia viene scritta. Un grande quotidiano nazionale scrive l’opposto di ciò che hai detto tu e quella diventa la verità scritta nei libri. E altri libri la ripetono. Probabilmente è andata così per tutta la storia dell’umanità.
Questa frase di Steve Wozniak costituisce un richiamo di responsabilità molto forte per ogni giornalista. La “forza” della carta stampata (e maggiormente della tv o di internet), del giornalismo in genere, fa sì che ciò che scriviamo possa diventare storia. Un errore può sempre capitare, ma la deontologia impone un’immediata correzione. Anche alla luce di quanto fa balenare Wozniak, ogni errore, anche il più insignificante, può cambiare la storia.
Nel giornalismo- come e forse più che in altre professioni- l’applicazione, accompagnata da serietà e da umiltà, paga. Sacrificarsi è saggio. Perché comunque – e sottolineo comunque – tempra e dà spessore alla vita. Specie quando si è scelto di avere una vita che si realizza nel rapporto costante con la società (e naturalmente con la famiglia). Non si vive per sé e di sé, ma con sé e con gli altri. Non è facile. Ogni giorno ci sono da evitare insidie e trappole: talune “oggettive”, altre disseminate da gelosie e invidie. C’è bisogno di un costante allenamento alla serenità, per esprimere (nel quotidiano) una capacità di analisi che favorisce profondità e tempestività di giudizio. C’è bisogno di un grosso lavoro e di assoluta disponibilità al sacrificio. Non è vero, come si usa dire, che bisogna aggirare la montagna se questa non è scalabile; si può evitare di prenderla di petto, come si può evitare di aggirarla (rassegnandosi): basta mettersi d’impegno a raggiungere la vetta per sentieri che l’avvolgano, passo dopo passo. La conquista della cima, per questi percorsi, forse non provoca esplosioni di gioia ma certamente rende la vittoria più vera, più propria, più genuina. E c’è di più: è sempre una vittoria di cui sentirsi padroni e non servi, utilizzandola nella concezione di vita con sé e con gli altri, non per sé e senza (se non “contro”) gli altri.
Una lunga citazione di Guido Polidoro, storico caporedattore regionale Abruzzo de Il Messaggero, a cui è dedicato l’omonimo premio dell’Ordine dei Giornalisti: ho scovato questa citazione (da una lettera al collega Angelo Di Nicola, che poi la pubblicò in un libro del 2004) mentre mi preparavo a condurre l’edizione numero 10 del “Premio Polidoro”, dedicato nel 2011 alla “Carta di Firenze” e al precariato giornalistico.
…Il grande Polidoro, quanti ricordi (…anche con Angelo De Nicola) nelle tante infuocate assemblee nella redazione centrale del Messaggero, in via del Tritone, a Roma…
Non ho conosciuto direttamente Polidoro, ma solo nei ricordi vivi dei colleghi. Lei mi conferma quale grande uomo fosse e sono onorato di aver potuto ricordarlo a dicembre, guidando la cerimonia di premiazione del premio giornalistico a lui intitolato. Grazie!