Di fronte all’atto di imperio del Governo, il Consiglio nazionale dell’Ordine non si occupa più della riforma, ma solo della formazione permanente
Serpeggia irritazione all’interno del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, riunito da oggi a Roma: l’atto di imperio del Governo, che ha reso noto lo schema di decreto per la riforma delle professioni senza tenere in alcun conto le peculiarità del giornalismo e le proposte emerse nei mesi scorsi dai confronti, formali e informali, ha fiaccato il desiderio di lavorare sulle norme di attuazione della riforma stessa, che molti colleghi ed aspiranti tali attendono: nessuna risposta, dunque, sul “periodo-ponte” per chi non riuscirà a completare i 24 mesi di collaborazione per l’iscrizione tra i pubblicisti, né sulle norme transitorie per i pubblicisti che volevano passare tra i professionisti con un percorso agevolato.
Un atteggiamento comprensibile (anche se forse non pienamente condivisibile, vista l’attesa che si è creata attorno ad una riforma che rischia di tagliare numerose speranze) di fronte all’atteggiamento del Governo che, nello schema di decreto proposto nei giorni scorsi, accoglie norme ad hoc per le professioni sanitarie, per gli avvocati e per i notai, ma non cita neppure una volta le peculiarità del giornalismo, che sono molte (a partire dai pubblicisti e per arrivare all’inutilità dell’assicurazione professionale). Eppure il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha avuto un confronto lungo 1 ora e 40 minuti con il presidente nazionale dell’Ordine, Enzo Iacopino, dal quale è emersa la disponibilità del Ministero a prendere in considerazione, in un provvedimento ad hoc successivo al decreto, le richieste dei giornalisti.
Ma perché non immettere le norme per la professione giornalistica nel decreto in arrivo? Quasi un anno di lavoro del Consiglio nazionale dell’Ordine può essere facilmente condensato in un altro “capo” del dpr (similmente a quanto previsto per avvocati, capo III, e notai, capo IV)… perché dunque il Ministro ci ha chiesto un testo per una norma ad hoc successiva? La situazione “puzza” di fregatura lontano un miglio.
Per questo, neppure da questa seduta del Consiglio nazionale verranno indicazioni su come recepire le norme del “Decreto di Ferragosto”, che il 13 agosto entrerà in vigore pienamente, visto che il Governo ha voluto fare tutto da solo.
L’unico argomento sul tappeto rimane quello della formazione permanente, non a caso un tema su cui ci si accapiglia in vista dei benefici (economici, ovviamente) che porterà, come è già capitato il mese scorso (con le conseguenze successive, come la rimessa a disposizione del mandato del segretario nazionale, Giancarlo Ghirra).
Attendiamo di vedere gli sviluppi di domani e venerdì, quando si chiuderà la seduta di giugno del Consiglio nazionale.
Un desolante pasticcio che dimostra la caduta libera dell’autorevolezza della nostra categoria, un gigante dai piedi di argilla incapace di incidere anche minimamente sui propri destini e in balia dei genericismi governativi.
A ormai un mese e mezzo soltanto dal 13 agosto, è evidente che l’autoriforma non si farà mai. Aggiungo che le prospettive di tenuta del governo non mi paiono rosee e, pertanto, faccio anche fatica a credere a provvedimenti ad hoc varati “dopo” (dopo quando? E perchè dopo?).
Del resto, dopo l’acceso dibattito invernale, il Cnog ha preferito e/o non ha saputo far meglio che lasciar scorrere inutilmente il tempo, reso cieco dalle proprie stolte e masochistiche correnti.
Fossi un pubblicista o un aspirante tale, andrei a Roma a far volare le sedie.
Essendo un professionista, dispero sul futuro del nostro mestiere e del nostro ordine.
Mah…
Finiti i lavori del Consiglio nazionale (e tirato il fiato, chiedo scusa, perché l’età sottolinea la fatica) scriverò una nota esplicativa punto per punto. Bastino per ora due considerazioni.
Il governo non poteva inserire nel DPR la riforma dell’Ordine perché il DPR deve rispettare la delega che ha avuto dal Parlamento. È una norma elementare del diritto.
Il DPR non modifica la legge vigente. Dunque (parole del ministro) resta l’Ordine, resta l’elenco dei professionisti, resta l’elenco dei pubblicisti, resta l’albo speciale, resta il registro dei praticanti. Nessuno ha nulla da temere sia che abbia già il percorso avviato per l’iscrizione, sia che cominci domani o oltre. Quando e se riusciremo a far fare una riforma, non c’è dubbio alcuno che chiederemo vengano garantiti tutti i colleghi.
Grazie per l’ospitalità e buon lavoro
Enzo Iacopino
Grazie mille presidente per le sue precisazioni. Aspettiamo le “due righe” esplicative, che rilancerò con piacere sul mio blog.
E’ davvero un pasticcio! L’Ordine va riformato ma bisogna tenere conto dei pubblicisti, che sono tali perchè non sono riusciti a farsi assumere: non è proprio giusto! Premesso nutro grande stima e fiducia nel Presidente dell’Ordine Enzo Iacopino, un po’ meno ne nutro nell’azione del governo in carica. Certo, il nostro Presidente sostiene che la legge dell’Ordine resterà in vigore, ma poco fa un amico (e collega) avvocato e pubblicista (molto attivo perchè segue la cronaca giudiziaria per un quotidiano) mi è sembrato molto sconfortato nello spiegare, a me ed altri colleghi, che le leggi in conflitto con successive nuove leggi sono automaticamente abrogate. Questo bisogna chiarirlo bene, subito e in fretta, nell’interesse di tutti i colleghi, soprattutto i pubblicisti impegnati come i professionisti nel tempestoso mare dove la barca della professione continua a prendere acqua.
Non vorrei che l’esegesi giuridica, peraltro piuttosto inutile, facesse perdere di vista il punto, che è invece sostanziale.
Il punto è che le norme sulla professione sono decrepire e da trent’ani ci si lamenta di non riuscire a cambiarle per colpa del parlamento.
Poi arriva il decreto Tremonti, fatto proprio da Monti, che in pratica “costringe” noi giornalisti a farci la riforma da soli: un’occasione più unica che rara, che a parole, prima, tutti avrebbero compattamente sottoscritto (forse perchè convinti della sua impossibile eventualità). E ora che si potrebbe, guarda caso escono improponibili distinguo che, con la scusa di dover garantire tutti da tutto (cosa ottenibile solo mantenendo lo status quo), alla fine dei conti hanno lo scopo e la speranza che ogni cosa resti appunto com’è.
Aggiungo che, nel momento in cui una direttiva comunitaria, che è gerarchicamente superiore alle leggi ordinarie degli stati membri, entra in vigore, essa abroga automaticamente tutte le norme in contrasto con essa e vigenti nell’ordinamento dei paesi membri.
Non escludo che a colpi di decreti e di tecnicismi il governo, se sopravvive, riesca a far sopravvivere artificialmente anche le attuali norme sull’OdG, facendo salvi i pubblicisti.
Ma non si può far finta di non vedere che questo non sarebbe un successo, bensì la riprova dell’infrangibile immobilismo che ci attanaglia e che ci porterà alla morte per inedia.
E’ verissimo quanto dice Enzo, e cioè che il DPR non poteva contenere la riforma dall’Odg, perchè avrebbe con ciò esondato dalla delega ricevuta. Ma al temo stesso nulla avrebbe dovuto impedire che il progetto di “autoriforma” andasse avanti anche con le necessarie sollecitazioni al distratto ministro.
Invece siamo qui ad attendere gli eventi.
Eventi in base ai quali, se tutto andrà bene, otterremo che ogni cosa resti com’è.
Non mi pare una grande conquista.
Sono un pensionato, lavoro un po’ come free lance (per me stesso) e ho deciso di dedicarmi all’attività di scrittore per evitare che una mia collaborazione (più volte richiesta da quotidiani) finisse per togliere il pezzo di pane a qualche collega precario. Non dovrebbe, dunque, fregarmene niente ma non posso non pensare a quel che accade, perchè vivo il dramma di giovani “penne” che mi sono vicine. Ho riportato il parere di un avvocato-pubblicista perchè mi sembrava eloquente: una norma “primaria”: legge generale sull’intero assetto professionale prevale sulla (decotta) legge istitutiva. E poi c’è la grande verità ricordata dal collega Tesi: bisogna fare i conti con la normativa europea che dispone i criteri di accesso alla professione, non importa quale. Quella del giornalista è una professione in evoluzione verso il degrado, se non si interviene. Occorre preparazione professionale che non si ottiene scrivendo un certo numero di articoli. L’epoca della redazione come “bottega” è passata da tanto tempo. Adesso, viene richiesta la laurea, il praticantato e l’esame di stato. Giusto. Se entro il prossimo 13 agosto, l’Ordine dei Giornalisti non si riforma, scatta automaticamente l’eliminazione dell’elenco dei Pubblicisti perchè una legge in vigore (il decreto di Ferragosto) dispone criteri che diventeranno legge. Eppure bisogna combattere, e velocemente, per salvare quelli che svolgono effettivamente e, a tempo pieno, la professione. Sono tanti. Credo che sarebbe in contrasto con la normativa europea il loro riconoscimento di fatto (non hanno superato l’esame di stato). Credo, dunque, doveroso trovare una scappatoia giuridica per consentire loro di iniziare subito l’iter per diventare giornalisti.