Una storia di ordinario spreco su cui si può ridere per non piangere: 1800 euro di soldi pubblici per decidere l’ubicazione di due busti
Questa storia merita di essere letta tutta d’un fiato e un sorriso è d’obbligo almeno per non piangere sui piccoli sprechi dell’amministrazione pubblica che, sommati, determinano l’aumento di quel sentimento di antipolitica che è quanto di più deleterio per una democrazia. Eppure, noi giornalisti segnaliamo queste storie non per alimentare la sfiducia nelle istituzioni ma per indurre chi le rappresenta ad un più responsabile uso delle risorse pubbliche.
La storia che racconto e che questa mattina è stata pubblicata su “Il Tempo” viene da Chieti ed ha per protagonisti – inconsapevoli e incolpevoli – due glorie cittadine: mons. Giuseppe Venturi, arcivescovo della città nei tempi bui dell’occupazione nazista e difensore del popolo teatino, mettendo a rischio la propria vita per ottenere la dichiarazione di Chieti quale “città aperta” (la prima in assoluto in Italia nel corso del secondo conflitto mondiale), e Giovanni Chiarini, giovane e sfortunato esploratore teatino che perì nel corso di una spedizione etnografica in Africa a fine Ottocento.
Ecco la storia, come appare oggi sul quotidiano per cui collaboro:
Antonello Antonelli
Due sedute della fondamentale commissione Urbanistica, una tenutasi ieri (con relativo sopralluogo), e una prevista per martedì prossimo, per un totale di 1800 euro circa di gettoni di presenza (75 euro lordi a seduta per i 12 componenti per due sedute), sono state convocate dal presidente, Raffaele Di Felice, con un unico punto all’ordine del giorno: ipotesi di ubicazione dei busti di mons. Giuseppe Venturi e di Giovanni Chiarini. Nessun’altra importante decisione di pianificazione territoriale o di sviluppo futuro della città, niente «varie ed eventuali», pure previste dallo scarno foglio di convocazione diramato il 15 maggio scorso: i commissari, uno per ogni gruppo consiliare (12 su 40 consiglieri e i monogruppi sono ben cinque), hanno avuto anche il tempo di un caffè gustato al bar, al termine di 45 tiratissimi minuti di seduta, 15 dei quali trascorsi nella sala delle commissioni in corso Marrucino e 30 per il sopralluogo all’interno della Villa Comunale per considerare l’attuale posizione dei busti e quella che potrebbe essere la loro nuova ubicazione (motivo, tra l’altro, della convocazione). Tra i commissari c’era anche il capogruppo di «Giustizia Sociale», Enrico Bucci, che tre anni fa, sempre in maggioranza, ma con Francesco Ricci sindaco, aveva fatto fuoco e fiamme in Consiglio comunale per l’improvvido «oscuramento» proprio del busto dell’esploratore teatino a causa della famigerata «pedana» in cemento installata per le manifestazioni estive dal gestore della Casina dei Tigli. Anche stavolta Bucci non ha deluso le attese, abbandonando polemicamente la seduta di commissione prima del sopralluogo alla Villa a causa dell’orientamento che si sarebbe voluto dare al busto di Chiarini: secondo il commissario, infatti, l’esploratore dell’Africa avrebbe dovuto guardare a sud, lì dove i suoi occhi si erano posati in vita. Tuttavia ci sarà ancora tempo per dare ascolto ai consigli del capogruppo di «Giustizia Sociale»: martedì altra seduta per stabilire, anzi suggerire al Consiglio, che dovrà deciderlo in via definitiva, la migliore ubicazione dei due busti. Almeno quello a mons. Venturi, strenuo difensore della città negli anni bui dell’occupazione nazista, non desta polemiche: non sarà colpa sua se, magari, occorrerà una terza seduta per giungere ad una unanime deliberazione.
L’ironia che trasuda nel mio pezzo è quasi un antidoto all’indignazione cieca per un utilizzo, a dir poco leggero, delle risorse pubbliche e non è assolutamente una mancanza di rispetto per i consiglieri comunali (che conosco tutti personalmente, raccontando da oltre un decennio la vita politica teatina su “Il Tempo”), ma un modo per far risaltare una storia che per me ha dei tratti del paradossale se non del comico.