Riconosciuto il ruolo particolare dell’Ordine dei Giornalisti: l’incontro con il ministro Severino è stato positivo
Si è da poco concluso l’incontro dei rappresentanti di tutti gli Ordini professionali interessati dalla riforma dei cosiddetti decreti di Ferragosto e “Salva Italia”, convocati ieri quasi improvvisamente dal ministro della Giustizia, Paola Severino. Da quanto sinteticamente ci hanno informato i nostri rappresentanti al tavolo nazionale, la riunione ha riconosciuto il ruolo del tutto particolare dell’Ordine dei Giornalisti ed ha confermato che il 90% delle riforme introdotte toccano solo marginalmente la nostra professione.
Tuttavia il restante 10% è foriero di importanti novità.
Si possono riassumere in quattro macrotemi i pilastri della riforma per i giornalisti:
1) Esercizio della professione consentito solo dopo il superamento dell’esame di Stato;
2) Deontologia professionale vigilata dai “consigli di disciplina” ancora tutti da definire (specie nei costi e chi li dovrà sostenere);
3) Assicurazione professionale obbligatoria;
4) Formazione continua obbligatoria.
Per quanto riguarda il punto 1) la proposta dell’Ordine dei Giornalisti, anticipata questa mattina sull’intervento di Enzo Iacopino sul Corriere della Sera, pare chiara; mancano solo i dettagli della normativa transitoria che il Consiglio nazionale dovrà stabilire: chi potrà, in sostanza, avvalersi subito del passaggio dai pubblicisti al registro dei praticanti e a quali condizioni. Quanto all’accesso dopo la riforma (che scatta, il ministro lo ha confermato, il 13 agosto prossimo in qualsiasi caso, anche se il Governo non ha posto mano alla regolamentazione, che comunque verrà fatta in accordo con l’Ordine), la proposta messa in campo punta essenzialmente a tutelare i pubblicisti che sono finora iscritti, che continueranno la loro attività professionale (quindi senza grosse rivoluzioni), mentre da settembre chi vorrà intraprendere la professione, sia da pubblicista, sia da professionista, dovrà affrontare un iter formativo molto intenso che si concluderà con l’esame di Stato. Salvati dunque (ed aumentati) gli introiti degli esami a Roma.
Per quanto riguarda il punto 2) il problema non è “ontologico” (vanno bene pure i consigli di disciplina con magistrati e giornalisti svincolati dalla funzione dei Consigli regionali dell’Ordine), ma è “pecuniario”: si tratta, in sostanza, di uno sdoppiamento degli attuali organismi regionali. Chi paga il nuovo “consiglio di disciplina”? Gli stessi Ordini regionali, cioè i giornalisti stessi con le loro quote (che ovviamente dovranno per forza di cosa aumentare)?
Il punto 3) è ancora più sensibile sul fronte dei costi: se l’assicurazione è obbligatoria per tutti coloro che svolgono la professione, a qualsiasi titolo, in qualsiasi contesto, con qualsiasi retribuzione, quindi diventa una sorta di “Rc Auto” del giornalista, essa non si traduce forse in un nuovo balzello per i colleghi, specie i precari e i meno tutelati, già vessati da compensi da fame? Oppure l’Ordine potrebbe stipulare un’assicurazione nazionale, gravando solo di qualche euro sul costo dell’iscrizione annuale (come facciamo in Azione Cattolica, per esempio, aggiungendo 2 euro ciascuno al costo della tessera annuale)?
Quanto al punto 4), sebbene io sia del tutto entusiasta dell’introduzione del principio, occorre secondo me vigilare su chi farà questa formazione permanente, per evitare che diventi un modo facile di arricchirsi per qualcuno offrendo un prodotto qualitativamente basso. Sarebbe opportuno che il Consiglio nazionale “certificasse” e preparasse direttamente i futuri formatori, così da non svendere una necessità così impellente come quella della formazione continua di una classe giornalistica che non ha proprio voglia di aggiornarsi (e si vede con quali risultati deontologici, in particolare).
Quel che è certo (e fonte di sollievo) è che il ministro Severino ha precisato che le riforme del nostro Ordine saranno seguite passo passo con una specie di tavolo congiunto, così che i giornalisti possano essere protagonisti dell’importante momento di passaggio che si sta realizzando. Quindi nessuna imposizione dall’alto, come si temeva, di norme generaliste calate a forza su un Ordine del tutto particolare.
Ed ora che si apra il dibattito! Non credo che mancherà, a partire dalla seduta del Consiglio nazionale del 18, 19 e 20 gennaio.
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Dunque è stata riconosciuta la “specialità” (direi la particolarità) della nostra professione. Mi pare già qualcosa, non si possono mettere sullo stesso piano e trattare allo stesso modo mele, pere e banane. Mi auguro però che il sollievo non induca la categoria a trascurare di apportare le riforme SOSTANZIALI di cui la professione ha bisogno per sopravvivere…
Va bene la formazione continua, benissimo i corsi di aggiornamento ma mi chiedo se la formazione sul “campo” ha ancora una sua valenza dopo anni di gavetta non retribuita…
Io non riesco a capire il senso del mantenimento di due albi diversi. Se è obbligatorio per tutti l’esame di Stato alla fine di un percorso di formazione cosa cambia rispetto ad oggi? Pubblicisti e professionisti faranno entrambi l’esame, ma poi i primi eserciteranno la professione unitamente ad altre attività, come succede già oggi oppure saranno a loro volta professionisti dopo l’esame? Grazie a chi vorrà rispondermi.
il senso della norma è che, per diventare giornalisti, bisogna superare un esame. dopodichè, in base alla propria situazione personale, si potrà scegliere come esercitare la professione, se cioè in forma principale o secondaria. ciò per salvare chi scrive come seconda attività, mantenendolo all’interno dell’ordine. Si può anche discutere se, visto che c’è un esame, abbia senso mantenere le due figure, ma alla luce di quanto detto sopra direi di sì. E’ però anche vero che, acquisendo tutti, col superamento dell’esame, i medesimi obblighi e diritti, della dicotomia si poteva fare a meno.
Dal mio punto di vista, sono pubblicista dal 2008, l’unica cosa che cambia è che dovrò sborsare dei soldi in più, e considerato che i compensi sono da fame, trovo che, anche se le decisioni possono essere condivisibili, chi non avrà i soldi per i corsi di formazione (ma si devono pagare pure quelli perché non li paga l’editore/datore di lavoro) e l’assicurazione (per cosa?) sarà automaticamente fuori dal gioco. Ad oggi il costo di iscrizione all’ordine è di 100 euro circa che moltiplicato per il numero di iscritti mi sembra una cifra sufficiente per garantire corsi e assicurazione.
Ivana, è un vecchio problema. E’ antipatico dirlo, lo so, ma per un “professionale”, cioè per uno che esercita la professione a tempo pieno, a prescindere se sia prof o pubbl, 100 euro non possono essere uno scoglio, altrimenti di che campa? Sotto certi introiti, l’attività non è più una professione, cioè una fonte di reddito, ma una forma di volontariato, con compensi simbolici.
Il nodo dell’assicurazione è vecchio e importante. Francamente, nel modo in cui il governo parrebbe volerne imporre l’obbligo ai giornalisti, mi pare il retaggio di una necessità mutuata da altre categorie professionali. Volendo imporre agli iscritti all’odg l’obbligo assicurativo, io lo farei in senso attivo e passivo, nel senso che prevederei per i giornalisti forme assicurative sia di responsabilità civile verso i terzi, per gli editori forme assicurative di responsabilità civile verso i giornalisti autonomi per danni subiti nell’espletamento del loro lavoro per conto di un editore. Obbligherei cioè le testate ad assicurarsi (o a co-assicurarsi, con quote a carico dei giornalisti stessi, tipo inpgi) per i rischi di cui sopra. Si tratterebbe per i freelance di una copertura importantissima: pensiamo solo ai rischi che corre il cronista il quale, inviato per conto del giornale, affronta pericoli legati alla circolazione, ai furti, agli infortuni.
Me ne sono occupato qui: http://blog.stefanotesi.it/?p=1133
Su questo concordo Stefano, ma se negli altre professioni che prevedono un esame di stato alla fine si esercita solo quella, ad esempio, un medico o un avvocato, non capisco perché un pubblicista dopo l’esame possa continuare a fare anche altro.
Ha vinto ancora la casta dei giornalisti. ABOLIRE tutti gli ordini. Sono solo lobby di malaffare al servizio del potere. I grossi media sono nelle mani di gruppi bancari, finanziari e industriali di vario genere. Mi dite come fa un “vero” giornalista a scrivere la verità? Se nel Corriere della Sera siede Della Valle, c’è qualcuno che racconta le sue malefatte? seeeee. L’Ordine dei Giornalisti è oramai una banda bassotti. Noi blogger continueremo a scrivere la verità senza essere imbavagliati.
In bocca al lupo bassottini.
è una delle più grosse stupidaggini che abbia mai letto. ma per favore. la verità in mano ai blogger…ma che vuol dire blogger? è come uno che vaneggia al bar, solo che davanti invece del bancone ha una tastiera. e un bel bicchiere di bianco…c’è da stare freschi!