L’Agenda 2030 spiegata alle ACLI: il mio intervento al congresso provinciale di Chieti
Nella giornata di ieri, sono stato chiamato, quale segretario uscente della Presidenza provinciale delle Acli di Chieti, a tenere l’intervento tecnico del congresso straordinario elettivo dell’associazione, sul tema dell’Agenda 2030, che sarà uno dei temi che faranno da filo conduttore al lavoro del prossimo quadriennio associativo.
Questo il testo della mia relazione:
Non è semplice riassumere brevemente quello che è un percorso intrapreso dall’intera umanità da ormai quattro anni attorno ad un obiettivo significativo ed universale, quello della sostenibilità, ma, sulla scorta anche delle esortazioni sulle quali abbiamo meditato durante la preghiera iniziale di questo congresso, è chiaro come un’associazione come la nostra sia chiamata a fare la sua parte, sia dal punto di vista sociale, sia soprattutto dal punto di vista personale.
Partiamo dalla storia, che va raccontata, anche se per pillole. Nel 2015 i Paesi della Terra, riuniti nell’ONU, hanno dato il via a un piano per realizzare, nell’arco di 15 anni, miglioramenti significativi per la vita del pianeta e di tutti i suoi abitanti.
Questo piano è stato chiamato Agenda 2030, appunto.
Siamo tanti oggi, sulla Terra, più di 7 miliardi e mezzo di persone. Ma nel 2030 raggiungeremo probabilmente gli 8 miliardi e mezzo. Non tutti gli abitanti del nostro pianeta hanno buone condizioni di vita, anzi sono fortissime le disuguaglianze tra i più ricchi e i più poveri.
Per esempio, più di un miliardo di persone vive in situazione di povertà: poco cibo, servizi insufficienti, una bassa possibilità di prevenire e curare le malattie.
Moltissimi sono ancora i bambini che non possono andare a scuola e vengono invece fatti lavorare per aiutare la famiglia.
Numerose sono anche le donne che subiscono ingiustizie e limitazioni nella loro capacità di lavorare e di decidere la propria vita.
Nella possibilità di trovare un lavoro conta spesso più il luogo del mondo e la famiglia dove una persona è nata piuttosto che le sue reali capacità.
Anche il pianeta subisce continui attacchi all’ambiente (per esempio con l’inquinamento dei continenti e degli oceani) che possono portare a un peggioramento delle condizioni di vita delle prossime generazioni.
I Paesi dell’ONU hanno perciò discusso quali sono le più importanti cose da fare per risolvere molti di questi problemi. Hanno individuato 17 traguardi da raggiungere, che sono stati chiamati Obiettivi Globali per uno Sviluppo Sostenibile.
Perché i 17 Obiettivi sono stati definiti “Globali”?
Il termine globale significa universale, cioè valido per ogni tempo e ogni luogo. Questo vuol dire che gli Obiettivi proposti dall’ONU sono da raggiungere in ogni parte della Terra. Essi mirano, infatti, a diminuire le sostanziali differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri e, anche all’interno di ogni Paese, tra regioni più economicamente sviluppate e regioni più “sfortunate”.
I diritti che gli Obiettivi vogliono raggiungere dovranno perciò essere validi per tutti i bambini, tutte le donne, tutti gli anziani, tutti i disabili. Per tutte le persone, insomma, che hanno o possono incontrare difficoltà nel pieno sviluppo della propria personalità e della propria vita, in qualsiasi zona del mondo essi abitino.
Non a caso, uno degli slogan dell’Agenda 2030 è appunto “NESSUNO ESCLUSO!”, cioè, nessuno deve essere lasciato indietro lungo questo cammino, perché i progressi devono essere ottenuti per tutti gli individui e per l’intera umanità, ma anche che nessuno è escluso dal perseguimento di questi obiettivi, ogni essere umano può e deve contribuire nel suo piccolo al conseguimento di essi.
La parola chiave dell’Agenda 2030 è “Sviluppo Sostenibile”. Che cos’è?
Lo sviluppo sostenibile è il progresso economico che permette di migliorare le condizioni di vita delle persone senza compromettere le risorse per le generazioni future, cioè senza danneggiare l’ambiente. L’ambiente è l’insieme degli elementi (i paesaggi, le piante, gli animali, le acque, i suoli, l’aria) che sono alla base della vita sulla Terra. Perché si conservino nel tempo e possano servire anche alla vita delle generazioni future è importante rispettarli e proteggerli.
È perciò fondamentale tener presente tutto questo quando si avviano nuove attività economiche: alcune di esse, anche se sembrano migliorare oggi la vita della gente, possono rendere il mondo meno vivibile nel futuro.
È una questione dunque di giustizia.
L’insostenibilità e l’ingiustizia del nostro sistema è ormai confermata da numerose ricerche e studi, così come il sostegno dei cittadini per politiche orientate allo sviluppo sostenibile.
Se pensiamo alle principali preoccupazioni degli italiani, guardando ai risultati del X Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza, realizzato da Demos & Pi e Osservatorio di Pavia per Fondazione Unipolis, scopriamo che le principali paure dei nostri connazionali coincidono anche con i grandi temi al centro dell’Agenda 2030. Un esempio? Tra le paure generali, il 58% teme “la distruzione dell’ambiente e della natura”, il 55% “l’inquinamento”, mentre tra le insicurezze economiche, la paura di “non avere o perdere la pensione” (38%) e “la perdita del lavoro, la disoccupazione” (37%) risultano essere prioritarie.
I 17 obiettivi, articolati in 169 traguardi molto concreti, puntano a realizzare un modello nuovo di sviluppo che sia, appunto, equo e sostenibile nel suo complesso. D’altra parte, un sondaggio realizzato per la Fondazione Unipolis2, segnala come l’84% degli italiani si dice favorevole a politiche per lo sviluppo sostenibile, una percentuale che sale al 93% tra i giovani, i quali vedono come prioritarie le politiche a favore della protezione dell’ambiente molto più degli anziani.
Solo pochi però conoscono l’Agenda 2030. Infatti, la percentuale di chi è informato “poco” e “per niente” si attesta al 77%, decisamente più alta di quella di chi si dichiara “abbastanza informato” (17%) e “molto informato” (5%).
Il primo passo, ancor più importante per noi che rappresentiamo i dirigenti locali di un’associazione cristiana e di lavoratori che ha una grande popolarità ed una penetrazione forte nel tessuto sociale del nostro territorio, è quello di conoscere. Ed è quanto stiamo facendo in questo congresso e quello che continueremo a fare negli anni a venire, per rendere ciascuno di noi consapevole di quanta parte possiamo fare in questo sforzo comune.
Ma conoscere non basta, occorre praticare. Occorre che i 17 obiettivi, i 169 traguardi divengano vita quotidiana, piccole e grandi attenzioni, stile di un’esistenza correttamente praticata. Lo abbiamo già fatto come ACLI di Chieti, basti pensare al progetto “Io non spreco”, che si poneva consapevolmente all’interno del cammino disegnato dall’ONU. Lo faremo ancora, accogliendo riflessioni e proposte dei circoli locali, promuovendo coscienza civile e iniziative sociali, approfondendo le implicazioni nell’esistenza quotidiana dell’applicazione di un nuovo e più sostenibile stile di vita.
Questo è un programma non per un congresso o un triennio associativo, ma per un decennio, per una vita, così da contribuire alla definizione di un nostro imprinting sostenibile che sia espressione tanto della nostra originale volontà quanto della necessità di rispettare gli altri e il pianeta in cui viviamo.