Dalla ventricina del Vastese (2014) a quella del Teramano (2015): come la si gira, gira la “Suineide” a Dora Sarchese è un trionfo di gusto!
Il maialino della “Suineide” di Dora Sarchese colpisce ancora: ormai non può mancare, nella domenica più vicina al 17 gennaio (data tradizionale in Abruzzo per il rito dell’uccisione del maiale, raccontato da me anche nella tesina presentata per l’esame professionale da giornalista), l’appuntamento con il gusto ma anche e soprattutto con la cultura gastronomica nella splendida azienda agricola gestita da Nicola D’Auria, amico ed accademico della cucina.
Anche quest’anno il mitico prof. Leonardo Seghetti, per il quale gli aggettivi mi sono terminati, tanto lo stimo ed è stimato (ed è ancora valida la proposta, assolutamente sacrosanta, di nominarlo senatore a vita per meriti scientifici nelle discipline alimentari e per la sua attività di divulgazione del buon/ben mangiare), ha intrattenuto le centinaia di appassionati giunti da ogni parte d’Abruzzo a Caldari di Ortona con la tradizionale spezzatura del maiale e la spiegazione del tema di quest’anno. Dopo aver conosciuto a fondo la ventricina dell’Alto Vastese, nell’edizione 2014, nel 2015 è toccata alla ventricina teramana (o assogna ascolana), che ha storia e preparazione ben diverse.
A svelare (in parte) i segreti della ventricina teramana è stato Enrico Fracassa, uno dei “miti” abruzzesi dei salumi, che ha in Sant’Egidio alla Vibrata la sua base logistica, da cui impartisce lezioni di buon mangiare a tutto il Centro-Sud. Fracassa ha rivisitato completamente quella che era la tradizione della ventricina teramana, che ha come caratteristica che immediatamente la distingue da quella dell’Alto Vastese il fatto di essere spalmabile: in primo luogo nei materiali, inserendo nell’impasto tutti i tagli del maiale, anche quelli “nobili”, come spalletta e prosciutto (diminuendo così la percentuale di grasso nel salume finito), utilizzando per l’insaporimento essenze vegetali ed erbe del Gran Sasso, con in pole position il “corno di capra” (che in alcuni paesi del Teramano è conosciuto come “paesanello” o anche “ferfellone”), pepe dolce che le donne del nord dell’Abruzzo mettevano a seccare fuori dalle porte di casa, e soprattutto inserendo come stagionatore naturale il miele d’acacia, che lavora molto meglio e molto meno industrialmente dei vari sieri e lattosi che ormai vengono ampiamente utilizzati per i salumi. Il tutto poi viene posto all’interno di uno stomaco di maiale nel quale la ventricina riposa per la stagionatura.
Un trionfo di odori e di sapori, che ci sono stati spiegati passo passo, con la consueta verve del prof. Seghetti e la disponibilità di Enrico Fracassa.
Come sempre, la “Suineide” (che commercialmente prende il nome di “Majaland”, come omaggio alla dea Maia, protettrice delle nostre montagne ed eponima del suino) ha in questo momento di cultura e di divulgazione il suo punto più alto, che la rende un appuntamento irrinunciabile non solo per gustare ogni anno le specialità che escono dalle sapienti mani di “donna Dora”, la padrona di casa, ma anche e soprattutto per approfondire le tematiche delle tradizioni culinarie e gastronomiche abruzzesi, così misconosciute dagli stessi abitanti… Mangiare sì, ma con giudizio e con cognizione di causa: questo è il leitmotiv che il patron di Dora Sarchese, Nicola D’Auria, continua a tenere fisso per proporre ogni anno un evento sempre nuovo e fresco.
La freschezza, quest’anno, è stata data anche dalla sboccatura, vissuta in diretta, dello spumante ottenuto dal Montepulciano vendemmia 2010, con il suo orgoglioso colore rosaceo, che può far storcere il naso ai puristi dello champagne (come li ha apostrofati il prof. Seghetti), ma che è l’espressione più genuina e schietta del nostro essere abruzzesi.
Infine, a tavola, il trionfo dei sapori del porcello, con un menu di grande gusto, che ha avuto, ovviamente, come base la squisita ventricina di Enrico Fracassa, che si è meravigliosamente sposata ai piatti preparati dalla brigata di cucina capitanata ovviamente da donna Dora Sarchese.
Come sempre, a chiusura della giornata, la tradizionale rappresentazione popolare del “Sand’Andonjie”, che è il cuore stesso delle celebrazioni abruzzesi del santo monaco egiziano, che viene non casualmente rappresentato nelle statue presenti in quasi tutte le chiede d’Abruzzo con un maialino accanto.