L’equo compenso? Peggio della tela di Penelope
Nell’Odissea, anche Penelope, che aveva ideato l’ingegnoso metodo della tela tessuta di giorno e disfatta di notte per evitare di scegliere uno dei Proci pretendenti alla sua mano, alla fine dovette capitolare, organizzando la gara di tiro con l’arco che avrebbe definito il suo futuro sposo (che poi venne vinta da Ulisse travestito da mendicante), così da far finire il periodo di attesa.
Peccato che l’equo compenso sia peggio della tela di Penelope e a un anno e tre mesi dalla sua entrata in vigore (e soprattutto ad un anno e nove mesi dalla cessazione della sua efficacia) si rischia ancora una volta di ricominciare daccapo.
Colpa (o merito, se la si vede dal lato degli editori sempre pronti ad applaudire ai rinvii) della solita turbolenza politica italiana, che ha portato al terzo Governo in due anni e anche al quarto sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria che si deve occupare del problema, con tutto il corredo del necessario tempo per l’insediamento, la ripresa in mano dei dossier, la loro lettura, la loro valutazione eccetera… Insomma, dopo Carlo Malinconico, Paolo Peluffo e Giovanni Legnini, ora tocca a Luca Lotti, “renziano” di ferro, mettere mano alla questione.
Quale sarà la posizione del neosottosegretario? Sarà fermo come Legnini, che aveva dato come data ultima per un accordo il 28 febbraio (guarda caso proprio il giorno del giuramento dei nuovi sottosegretari)? Perché non è stato confermato Legnini in un ruolo che stava più o meno ben rappresentando? A chi giova questo cambio?
Domande senza risposta e francamente anche senza più molto senso, visto che il tempo passa e l’equo compenso diventa sempre più una chimera o comunque un provvedimento destinato ad essere svuotato di reale efficacia, visto che resterà in vigore, se tutto va bene, 18 mesi (e la legge – giova ricordarlo – non prevede la reiterazione dei lavori della commissione governativa, che quindi andrebbe rinnovata con un’altra legge). Non sono più particolarmente incentivato a seguire questa telenovela, sarà anche per circostanze personali che richiedono maggiormente la mia attenzione, quindi credo che riprenderò l’argomento, che davvero mi ha appassionato e nel quale davvero ho creduto fino in fondo, solo per annunciare la conclusione positiva dei lavori della commissione (o l’affossamento della stessa, come sembra presagire o sperare lo stimato collega Stefano Tesi nel suo recente intervento sul tema).
Aspetterò, anche perché nelle prossime settimane sarò costretto a fare lunghe attese inattive che mi consentiranno almeno di leggere di più, di pensare di più, di riposare (forzatamente) di più.
Alla prossima (e definitiva) puntata.
Caro Antonello,
tanto per procedere con le metafore epiche, direi che sarebbe meglio che le parti si invertissero e fossimo noi Proci (senza travestirsi, perchè mendicanti lo siamo già, ormai) a scagliare frecce e forconi a quella sgualdrina di Penelope e alla sua banda di tessitrici/truffatrici. La desolazione con cui abbiamo tutti assistito prima alle penose camarille dilatorie e poi allo svuotamente dall’interno dell’idea di e.c., trasformato in un ridicolo quanto comunitariamente illegittimo tariffario, giustifica qualunque pessimismo e perfino il mio desiderio (che non credo solo mio) di vedere la faccenda archiviata tombalmente al più presto. Di rado mi è capitato di vedere una tale convergenza di malafede, approssimazione, demagogia e strumentalizzazione come in questo grottesco capitolo della già non gloriorissima storia della nostra professione. Quid pejus?