Così non schwa: finalmente qualcuno si oppone con raziocinio al “politicamente corretto” del linguaggio inclusivo
Mi sono preso una pausa “linguistica” nelle letture estive con questo illuminante saggio, rapido ed incisivo, su una delle polemiche che mi vedono da sempre trincerato sul lato del conservatorismo (fino a definire il “maschile non marcato” come il vero genere “neutro” dell’italiano): qui, credo giustamente, non si analizza il problema del “linguaggio inclusivo” dal punto di vista della regolamentazione, ma – come credo sia necessario – dal punto di vista pratico, visto che la lingua si evolve per praticità. Dal punto di vista pratico, tutti i tentativi di cancellare il “maschile non marcato” sono destinati a fallire, perché comportano più problemi che semplificazioni. Primo fra tutti, l’inserimento dell’asterisco o dello schwà (che per noi abruzzesi è del tutto naturale, anche se pochi sanno che lo pronunciamo senza saperne l’esistenza) al posto della desinenza maschile/femminile.
Ma non solo. C’è una ragione ben più importante. Quella del significato che supera di gran lunga il significante. A che serve “aggiustare” il modo in cui parliamo se poi il significato delle parole “aggiustate” è sempre offensivo? Inutile cambiare la parola “frocio” con “gay” o “disabile” con “diversamente abile” se poi usiamo le nuove parole in un contesto ugualmente offensivo.
La chiosa del libro è illuminante: «Credere che le parole possano accomunare, rispettare, accogliere, contenere, includere, è un errore politico, perché è un’illusione. Nessuna parola è abbastanza rispettosa. Nessuna parola è abbastanza accogliente. Pensare di poter essere inclusi nelle parole è un abbaglio. Lo è per chiunque, di ogni genere e sesso e età e classe. (…)
Ecco, forse, la chiave di tutto sta proprio in questo: nell’accettare l’alterità del linguaggio, nel convivere con la sua ostilità, nel fare i conti con i suoi limiti. Ben sapendo che la sfida contro questi limiti si ripropone ogni giorno in forme diverse. E che la soluzione non è mai la stessa».
Il politicamente corretto è una distorsione dei nostri tempi. Lo sostengo da sempre e mi preoccupo di evitarlo e farlo evitare!