Il rispetto per le donne nel Canto V dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
Ancora per la serie “Ma a che diamine serve la letteratura”?
Nell’immagine che allego ci sono le prime tre ottave del Canto V dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Siamo nel XVI secolo, periodo buio per i diritti delle donne – altro che il Medioevo! – e in un poema dove il protagonista, Orlando, dà di matto (letteralmente!) proprio per un rifiuto d’amore e l’eroina femminile, Angelica, ha il coraggio di essere sé stessa e di amare un soldato semplice, alla faccia dei nobili paladini pretendenti alla sua mano.
L’invettiva contro la violenza sulle donne continua anche nelle ottave seguenti, visto che Rinaldo, cugino di Orlando, suo rivale per l’amore di Angelica e altro cavaliere eccellente della corte di Carlo Magno, ha appena salvato una fanciulla da un tentativo di violenza da parte di due “ladroni”.
Questa la parafrasi (non mia, ma di Giorgio Baruzzi):
Tra gli animali della terra, che siano quieti e in pace o che giungano a scontrarsi e a combattere tra di loro, non accade mai che il maschio aggredisca la femmina: l’orsa con l’orso vaga sicura per il bosco, la leonessa giace vicino al leone, la lupa vive sicura con il lupo e la mucca non ha paura del toro.
Quale abominevole pestilenza, o quale Megera è venuta a turbare i cuori degli uomini? Visto che spesso marito e moglie litigano e si ingiuriano, il marito picchia in viso la moglie causandole neri lividi, e il letto nuziale è bagnato di lacrime e talvolta persino di sangue, a causa di una stolta ira.
Mi sembra non solo un gran male, che un uomo percuota in volto una bella donna o le torca un capello, ma un delitto contro la natura e contro Dio. Non credo che sia un uomo chi l’avvelena o la uccide con un laccio o con un coltello, ma un demone dall’aspetto umano.