Una cartina del Settecento e due toponimi “Miglianico”: cosa c’è sotto?
Stimolato come d’abitudine dal concittadino Pino D’Aversa, appassionato di curiosità storiche locali, mi sono messo davanti a questa cartina, che il mio interlocutore afferma essere del Settecento (sebbene non ci siano date precise indicate in calce), in cui sono presenti effettivamente due toponimi ravvicinati che si rifanno a Miglianico, uno nella forma moderna e l’altro nella forma più arcaica di “Molianico”. Come si spiega tutto ciò?
Ci sono due osservazioni preliminari da fare prima di formulare qualche ipotesi, anche perché solo di ipotesi si può parlare, in considerazione del fatto che ho avuto a disposizione solo un file d’immagine da dove non si evince né l’anno di produzione né tanto meno il cartografo che ha realizzato la cartina:
1) La disposizione dei toponimi sulla cartina presenta molti errori (basti pensare a Pretoro e Roccamontepiano più vicini al mare rispetto a Bucchianico, o a Fallo vicino a San Martino sulla Marrucina);
2) La cartografia prima dell’introduzione delle proiezioni di Mercatore su scala generale è approssimativa e non tende a riprodurre la precisione di luoghi e dati, ma solo a dare un’idea generica della presenza dei feudi di proprietà delle grandi famiglie baronali (ciò spiega il perché ci siano delle contrade o delle località che sono trattate come toponimi di paese, pur non essendo Comuni).
Detto, questo, c’è da dire che in effetti sono presenti due toponimi distanti e ben definiti che si rifanno a “Miglianico”, uno che è quello che rispecchia pienamente l’evoluzione del nome del nostro paese (“Molianico”) e l’altro che invece si presenta già con la denominazione precisa (“Miglianico”). Per comprendere questo apparente doppione, occorre rifarsi all’etimologia di “Miglianico”, ricostruita dal linguista Marcello de Giovanni: Aemilius, nome proprio “Emilio” + -anicus, suffisso che indica proprietà. Per questo Miglianico sarebbe semplicemente “Terra di Emilio”. Così come “Francavilla” e “Villafranca” indicano territori che furono liberati dalla soggezione fiscale del feudatario e quindi costituite in “libera città” (il significato del termine “Francavilla”); del resto se si nota bene, nella cartina c’è un altro toponimo denominato “Francavilla”, oltre a quello della nota Francavilla al Mare. Ne deriva dunque che se ogni terra libera da tassazione feudale veniva chiamata “Francavilla”, parallelamente ogni terra appartenuta originariamente ad un feudatario di nome Emilio veniva chiamata “Miglianico”: non mi stupirei infatti che ce ne fossero altre (come per esempio esistono ben 18 toponimi “Cerreto” in tutta Italia, perché semplicemente indicano una terra piena di alberi di cerro).
Sulla identificazione di uno dei due “Miglianico” con la località di Sauria, suggeritami da Pino D’Aversa, non è possibile dire nulla di certo, poiché in tutti i documenti presenti negli archivi non esiste mai un toponimo del genere per la nostra zona (e per l’esattezza, neppure in Italia, se si esclude il Comune friulano di Sauris, ma il nome deriva da una radice tedesca). Il nome Sauria e la leggenda che fosse una città distrutta dai Saraceni nel XV secolo (quindi comunque tre secoli prima della cartina in questione) e posta ad un miglio dall’attuale centro abitato di Miglianico che da questa distanza ne avrebbe preso il nome è una pura storia tramandata oralmente a cui diede dignità letteraria il nostro concittadino Camillo Fabucci, scrittore dilettante, poeta per passione e calzolaio di mestiere, che ha raccontato in un poemetto (“Gli ultimi giorni della città di Sauria”) una storia romanzata sulla fine di questa presunta città e sul riparo che diede ai suoi sfortunati abitanti il castello di Miglianico. Una leggenda che per l’appunto è solo una storia, che fu messa in scena dal gruppo giovanile di Miglianico nell’aprile 1980 e che per questo molti di noi, me compreso, ricordano bene e che per questo riteniamo quasi un dato storico, che però non è.
Pertanto, non credo che possa essere accolta l’ipotesi di identificazione tra Sauria e Molianico e affermare che la seconda “Miglianico” fosse l’abitato attuale.