Il latino secondo Giovannino Guareschi
“Ma che ce ne facciamo del latino? Una lingua morta a che può servire? Studiare il latino è perdere tempo prezioso”. Classiche reazioni di fronte ad un’esigenza che pare non rispondere alla contemporaneità, così intrisa di praticità.
La risposta sul perché di questo atteggiamento, che ormai ha contagiato anche la scuola a più livelli, è in una frase di Giovannino Guareschi, pronunciata ben oltre mezzo secolo fa, in tempi di latino obbligatorio alle medie e di politica concreta e ragionata:
“Il latino è una lingua precisa, essenziale.
Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa.
Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna.
E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino.”
E a rileggere gli ultimi due capoversi, mi vengono i brividi… La limpidezza del fraseggiare di chi ha studiato latino, la chiara struttura linguistica, che mette ogni proposizione al suo posto, la determinata consecutio temporum, che non lascia equivoci sul prima, sul durante e sul dopo, ormai non sono più nelle labbra degli “influencer” dei nostri giorni… con i risultati che vediamo.
Non è battaglia di retroguardia, ma è esigenza di serietà!
Da ex insegnante di lettere e da attento osservatore dei costumi, condivido pienamente.
Non occorre aggiungere altro.
Come si può non condividere questo pensiero? Io non sono un insegnante, sono solo un amante incondizionato della nostra bellissima lingua, che dal latino tanto ha ricevuto e al latino dovrebbe restituire centuplicato il suo tesoro. Come sempre, chi non riflette sul proprio passato non potrà costruire il futuro.