Ciao, Pasquale!
Una risata, due menu identici, tante chiacchiere su giornalismo e dintorni, le immancabili perle di saggezza popolare in cui era maestro: questa foto, scattata all’interno del “Trotter”, locale storico di Milano, nel corso della Borsa Italiana del Turismo del 2010, in cui io coordinavo la comunicazione dello stand della Provincia di Chieti e Pasquale Pacilio era con la sua troupe in diretta dal salone del turismo, che quell’anno dedicava uno speciale spazio all’Abruzzo, è una delle più care che ho insieme al direttore di Rete 8, che ieri ci ha lasciato dopo una lunga malattia.
Ci conoscevamo da tanto tempo, ma sotto il puro aspetto professionale: io, da addetto stampa di politici ed amministratori, lui, direttore del principale telegiornale “privato” della regione. Un rapporto che poteva, come normale, essere particolarmente conflittuale: da una parte colui che “preme” per fare uscire le notizie divulgate, per ottenere il passaggio in tv del sindaco, del presidente, del senatore, per invocare la presenza di una telecamera in conferenza stampa; dall’altra parte colui che si sentiva ripetere centinaia di volte al giorno le stesse richieste da altrettanti colleghi. Invece, no, con Pasquale non andava così: raramente poteva assicurarmi quel che chiedevo, ma mai mi faceva pesare quella che era l’incombenza da me più odiata nel lavoro di ufficio stampa.
Le volte che accompagnavo l’amministratore o il politico di turno alle dirette o alle interviste registrate aveva una giovialità calda e aperta verso noi colleghi “giovani” e ci trattava alla pari. Incredibile la mia gioia quando la prima volta mi chiese di partecipare come giornalista ad uno dei suoi programmi, un confronto tra candidati sindaci, per porgere le mie domande, insieme alle sue: mi sentivo come una squadra promossa in serie A, con tutte le angosce che ciò comporta, in termini di timore di fare brutte figure. Ma lui aveva sempre modo di rassicurarmi, con il suo solito intercalare napoletano “e addò sta ‘o probbléma?”.
Poi ci fu Milano, il Trotter, quella fotografia: per la prima volta da pari a pari come commensali, uomini, colleghi al termine di una giornata di lavoro. Scoprii Pasquale Pacilio nella sua umanità, “fuori” dallo studio televisivo. Fu subito sintonia immediata. Riconfermata l’indomani, quando, sempre al termine della giornata di lavoro alla Bit, ci dirigemmo – era il sabato del Carnevale Ambrosiano – alla “Oficina do Sabor”, locale di cucina brasiliana nel cuore della città meneghina.
La foto dice tutto: scatenati a ballare, in maniera molto molto improbabile ma con tanta voglia di divertirci e di “scaricare” le tensioni della giornata lavorativa, con le ballerine carioca che festeggiavano il carnevale. Da allora, il nostro rapporto professionale si è arricchito anche di un rapporto umano che si è consolidato nell’Accademia Italiana della Cucina, di cui entrambi facevamo parte e che è stato una palestra di stima reciproca, che mi ha anche regalato tanti consigli professionali di cui ho fatto tesoro.
Non potrò mai dimenticare la sua saggezza ironica e pacata, mai saccente, la sua voglia di divertirsi e divertire, senza mai perdere l’autorevolezza, le sue puntuali osservazioni gastronomiche, le sue canzoni napoletane, che riuscivano a sciogliere anche le formalità dovute nelle cene accademiche, come in quella ecumenica del 17 ottobre 2013 a Rapino, dove si ritrovò con altri due oriundi partenopei, l’allora presidente del Consiglio Regionale, Nazario Pagano, e l’allora prefetto di Chieti, Fulvio Rocco de Marinis, a chiudere una serata divertentissima con un medley di canzoni napoletane:
Ciao, Pasquale! E grazie di tutto quello che hai fatto per l’Abruzzo, per il giornalismo, per me!