Alla “Suineide” sul banco degli imputati i salumi “industriali”: che rimane loro del “fratello porco”?

Avete mai provato a compiere un’analisi sensoriale dei salumi che comunemente comprate ai supermercati e che spesso vengono ritenuti “tipici”? Beh, un’esperienza da fare senza dubbio ed è quella che ha fatto provare l’impareggiabile prof. Leonardo Seghetti agli oltre cento intervenuti alla sua “lezione-dimostrazione” che ogni anno è l’evento centrale della “Suineide”, organizzata con la sempre puntuale precisione da Nicola D’Auria e la sua famiglia, titolari dell’azienda agricola “Dora Sarchese” a Caldari di Ortona, che si sta caratterizzando negli ultimi anni come “tempio” del buon  mangiare, oltre che del buon bere (basta rileggere le mie note dopo la giornata dedicata all’olio del novembre 2012).

La spezzatura del maiale

Durante la dimostrazione guidata della “spezzatura del maiale” (che è stata ripetuta dopo quella, di grande successo, dell’anno scorso, di cui ho già parlato su questo blog), ancora una volta condotta da Roberto Mezzatenda ed Irene Geniola di Ortona, e dopo la novità del 2013 (la realizzazione in diretta della tipica ventricina dell’Alto Vastese, a cura di Luciano Caracciolo e della sua famiglia, da decenni proprietaria dell’azienda “La Genuina” a Carunchio), il prof. Seghetti ci ha messo davanti un piatto con cinque salumi diversi, due industriali e tre artigianali, guidandoci in quella che non è una degustazione (in cui i termini di paragone sono “mi piace” / “non mi piace”, quindi del tutto soggettivi), ma una vera e propria analisi profonda del prodotto.

La realizzazione della ventricina

Abbiamo analizzato (in ordine) con la vista, il tatto, l’olfatto (fuori bocca), l’udito e il gusto (in bocca) i cinque salumi, guidati ovviamente dalle illuminanti precisazioni del prof. Seghetti, scoprendo cose che forse tutti sospettiamo, ma che alla fine a nessuno sembra interessare nel momento in cui si va a fare la spesa al supermercato.

Già occorrerebbe prestare attenzione alle etichette: dove è segnato la dicitura “aromi”, senza la precisazione “naturali”, è certa la presenza di essenze sintetizzate (come è accaduto nell’analisi di un noto salame di tipo “ungherese”), che si colgono all’olfatto con un persistente odore di affumicato (che non è un buon segno). Attenzione anche all’untuosità al tatto del salume, che dovrebbe essere limitata, e soprattutto alla facilità con cui si toglie la pellicola/pelle esterna: dovrebbe infatti essere molto facile eliminarla, altrimenti è segno di artificialità della stessa. Ugualmente, il salume dovrebbe essere duro lungo tutta la superficie, mentre negli industriali (è stato in particolare il caso del salame di tipo “Milano”, molto apprezzato dai bambini tra l’altro) questa caratteristica è del tutto assente, se non lungo i bordi.

Attenzione poi al colore dei salumi: specie nei salami, non dovrebbero essere presenti chiazze o punti rosso vivo, perché si potrebbe ipotizzare in quel caso una commistione con carni bovine, cosa che purtroppo accade nella realizzazione industriale.

Altro punto dolente è il grasso: dovrebbe essere morbido e, una volta assaggiato, dovrebbe sciogliersi in bocca. E soprattutto: mai toglierlo se si mangia un salume artigianale, è un sacrilegio!!!

Infine, la dolcezza: il salume non può essere dolce! Questa caratteristica, nella maggior parte dei casi, viene data dall’aggiunta di zuccheri (saccarosio, glucosio e soprattutto fruttosio), che comunque non sono vietati per legge, se non addirittura di lattosio: per questo gli intolleranti farebbero bene a controllare con attenzione le etichette dei salumi, per evitare spiacevoli conseguenze.

Ancora una volta il prof. Seghetti ha avvisato come i maiali di oggi non siano comunque quelli di un tempo, per la selezione genetica, per i lunghi trasferimenti che impongono loro (che ha gravi ripercussioni sulla riserva di grasso che ognuno di loro ha e che deve essere per questo reintegrata in maniera chimica), per la tendenza a trattare non più il capo intero, ma le sue parti.

Una cavalcata di un’ora e mezzo davvero illuminante, che ha tenuto incollati ai banchetti tutti, ignari che l’ora di pranzo era già trascorsa da un pezzo. Il tempo delle foto ricordo con le salsicce fresche appena confezionate e la ventricina e lo stomaco di tutti si è aperto…

Alla fine, ovviamente, la chiusura a tavola, con la brigata di cucina guidata come sempre dall’energica Dora Sarchese, la capostipite di tutta la famiglia D’Auria. L’appuntamento, ha spiegato poi Nicola D’Auria, sarà a breve per altre domeniche “a tema”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *