Tre emendamenti all’equo compenso: vicina la votazione finale?
Chiuso ieri sera il termine relativo alla presentazione degli emendamenti al testo unificato sull’equo compenso giornalistico, in Commissione Lavoro sono state depositate tre proposte per cambiare alcuni particolari dell’articolato del disegno di legge: è stato lo stesso presidente di Commissione, Pasquale Giuliano, a presentarle, dunque esse dovrebbero essere condivise e quindi rapidamente approvate per arrivare, entro la settimana prossima, alla sperata votazione finale, che riporterebbe il ddl alla Camera dei Deputati.
Questa è la sintesi delle tre proposte presentate, così come descritte dal sito del gruppo Facebook “Giornalisti Freelance”:
– La determinazione dell’equo compenso deve avvenire in coerenza con (e non più “tenuto conto dei”) trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato;
– A decorrere dal 1° Gennaio 2013 ed entro sei mesi (e non più con una moratoria di un anno, ripetibile) dall’entrata in vigore della legge la mancata iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 2 comporta la decadenza dal contributo pubblico in favore dell’editoria, nonché da eventuali altri benefici pubblici, fino alla successiva iscrizione;
– L’accesso a qualsiasi contributo pubblico all’editoria viene subordinato al possesso da parte dei datori di lavoro di un documento di certificazione della regolarità contributiva rilasciata dall’ente previdenziale competente (nel caso dei giornalisti, ovviamente l’INPGI).
Sono tre emendamenti senza dubbio migliorativi del testo, che rendono più stringente il principio, inserendo penalità più “immediate” e “dirette” per gli inadempienti. Tuttavia, quello che ancora manca (e che verosimilmente non sarà più inserito, se non a prezzo di una quarta lettura al Senato, che sarebbe una sciagura) è un correttivo alla previsione dell’articolo 2 comma 4, che prescrive che la Commissione istituita per stabilire l’equo compenso e per stilare la “white list” delle aziende editrici “in regola” duri in carica tre anni, alla scadenza dei quali cessa dalle proprie funzioni, interrompendo di fatto l’operatività della legge.
Certamente, in tre anni avremo la possibilità (sempre che si perpetui questo virtuoso circuito di attenzione e solidarietà nella categoria e con la categoria da parte della società civile e politica) di correggere questo punto che davvero è difficile da digerire: per ora, saggiamente, portiamo a casa il risultato, ricordando però che dal momento dell’approvazione al Senato del ddl, la Camera avrà poco meno di sette settimane effettive di tempo per varare in via definitiva la legge.
Occorre mantenere alta l’attenzione. Credo che tutti lo faremo.
fa ridere – amaramente – l’eventualità che l’applicazione dell’equo compenso possa durare soltanto tre anni, in assenza di controlli successivi a questo lasso di tempo.
Tuttavia la norma esiste ed è già qualcosa, anche perché niente impedisce alla Commissione di stabilire dei parametri univoci e certi in questi tre anni.
Ma sono italiana e perciò molto diffidente quando si tratta costringere alla regolarità attraverso dei controlli: occorre chiarire subito chi è che si occuperà di stilare la “white list” in futuro, e secondo quali criteri, trasparenti, ovviamente…