Trenta minuti sono troppi? Allora facciamo quindici… La nuova convocazione per l’equo compenso
Evidentemente avevamo ragione noi il 31 luglio scorso: basta un quarto d’ora per esaminare ed approvare la legge sull’equo compenso giornalistico.
Forse se ne sono fatti una ragione nel comitato ristretto della Commissione Lavoro che sta esaminando il testo per saggiarne la compatibilità con la riforma del mercato del lavoro (cito sempre questa assurda giustificazione per sottolinearne la speciosità), tant’è che la prossima seduta che esaminerà l’equo compenso è convocata, come si vede dalle convocazioni diramate oggi dal Senato, alle 15.45 di mercoledì prossimo, 26 settembre.
Orario strano, non c’è dubbio: ma occorre dare spazio, alle 15, all’audizione dei sindacati sul “pensionamento flessibile” e sulla “solidarietà intergenerazionale” che ci sarà nel comitato di presidenza della XI Commissione che poi viene convocata in plenaria alle ore 16.
Ergo: ci sarà “solo” un quarto d’ora per parlare di equo compenso.
La domanda nasce spontanea: è un buon segno?
Lo è, se questo quarto d’ora è segno di un accordo fatto e quindi è utilizzato per decidere che il testo può tornare in Commissione per essere votato definitivamente.
Non lo è, se tale accordo non c’è e quindi il comitato ristretto è stato convocato “pro forma”, tanto per farci credere che stanno prendendo a cuore tale provvedimento e per far scorrere ancora, inesorabilmente, il tempo, puntando – come già detto più volte – a far terminare la legislatura e quindi a far decadere il disegno di legge.
Sono aperte le scommesse: quale delle due ipotesi risulterà quella vera?
A rileggere il commento che il collega Salvatore Spoto ha postato qualche giorno fa in un mio precedente post, credo che la seconda è quella vera: non c’è la volontà di approvare l’equo compenso, ma solo di fare melina.
E poi: a pensar male si fa peccato, ma la maggior parte delle volte ci s’azzecca!
…speriamo che il sogno dell’equo compenso prenda la veste che gli compete: quella del diritto dei giornalisti. Anche se il pessimismo (per me) è strisciante, una rapida ed equa soluzione del problema sarebbe non un regalo ma l’approvazione del giusto compenso ad una categoria che,tra l’altro, dovendo garantire un’informazione trasparente e obiettiva, necessaria alla crescita civile della società, ha diritto ad un riconoscimento economico per l’impegno.