Equo compenso: dopo il rinvio, la melina. Nihil novi sub soli
Archiviata con un prevedibilissimo rinvio (ma a quando? Non si hanno ancora date precise), la questione dell’equo compenso giornalistico, tanto per calmare le acque, si sposta dall’aula che dovrebbe esserle propria, la Commissione Lavoro del Senato, all’agone politico, dove – guarda caso – tornano a fiorire le dichiarazioni (di principio, e solo di principio) sulle labbra dei politici. E intanto il tempo scorre e la fine della legislatura, con il rischio azzeramento per il ddl, si avvicina.
Significativo (e scatenante la mia introduzione polemica) è quanto ha dichiarato poco fa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Paolo Peluffo (giornalista, giova sempre ricordarlo), proprio uno di quelli che ha tentato di bloccare l’iter dell’equo compenso:
Continuo a condividere le motivazioni che hanno ispirato la legge sull’equo compenso per i precari dell’informazione. Sto operando per raggiungere una mediazione che tenga conto della recente riforma del mercato del lavoro.Questo si può fare attraverso una norma di indirizzo che potrà essere definite dalla competente commissione del Senato
Il sottosegretario condivide le motivazioni. Bene, lo sapevamo, ma le condivideva anche quando si metteva di traverso alla sua rapida approvazione in sede deliberante in Commissione: per questo mi preoccupo di questa dichiarazione, che più politica non si può.
Poi, “una mediazione che tenga conto della recente riforma del mercato del lavoro”? Ancora con questa storia? La riforma Fornero non c’entra nulla con l’equo compenso, non si applica ai co.co.co. né agli iscritti agli Ordini! Ci vuole tanto per capirlo? Eppure, è scritto in una legge dello Stato che il Governo di cui fa parte Peluffo ha approvato e presentato in Parlamento!
Cosa significa fare “una norma di indirizzo”? Tradotto dal politichese: una norma che non è vincolante, ma che invita a seguire, per l’appunto, un indirizzo. Insomma, una enunciazione di principio, molto simile alla legge 150 del 2000 sugli uffici stampa pubblici: bella legge, ottimi principi, ma priva di sanzioni e quindi inefficace e lo si è visto in questi dodici anni di presunta applicazione.
Insomma, si tira ad allungare i tempi, in maniera indecorosa. Dopo un anno di fregature, mi permetto di non crederci più. Voglio i fatti. E i fatti sono la votazione della Commissione Lavoro sul testo presentato in sede deliberante così che divenga legge. Punto.
Emendamenti? Perché? Sono migliorativi? Va bene, ma comportano un altro passaggio alla Camera: altro tempo che si perde, altre occasioni di fare melina.
Non si vuole l’equo compenso? Lo si dica e smettiamola con questa manfrina. Ma ce lo ricorderemo!
A me viene da ridere. Per la presa per i fondelli e per chi ci ha creduto e ci crede ancora. Altro che pessimisti, basta essere realisti per cogliere immediatamente l’antifona. Ragazzi SVEGLIA: sognare fa male…
Stamani ho incontrato in via del Tritone, davanti alla porta di una sede della Presidenza del Consiglio, il sottosegretario Peluffo, in tenuta governativa, abito blu e cravatta. Mi è sembrato sereno. Beato lui!
Eppure per un ex giornalista (è diventato Consigliere di Stato) che deve fronteggiare da una parte gli ex colleghi giornalisti e dall’altra l’ex direttore del suo giornale (Giulio Anselmi), attuale presidente della Fieg, non deve essere cosa semplice. Anche perchè l’ex direttore tutto vuole tranne “l’equo compenso” e tra gli ex colleghi giornalisti, sono tanti, migliaia, ai quali importano ben altre cose,piuttosto che i problemi dei free lance. In un Paese non è normale che, con tanta fame di lavoro, c’è chi si può permettere il lusso di poter fare due professioni. Gli altri colleghi (quelli del settore dei “garantiti”, dei quali ho fatto parte fino a poco tempo fa, cosa gliene cale dei tre lance?
Io avverto il problema, sia pure parzialmente perchè, da pensionato, non debbo guadagnare per vivere. Eppure mi calo nei panni dei fre lance e finisco per arrabbiarmi perchè i fre lance “professionisti” super qualificati, rischiano di restare soli. Bisogna reagire, l’Ordine è sensibilissimo a questi problemi ma deve trasformare questa sensibilità in azione. Giornalista è chi ha superato l’esame di stato. Così prescrive la legge, così deve essere in nome della giustizia.