La Fnsi si sveglia, ma “a richiesta”…
Ieri pomeriggio, una mail mi avvisava di un nuovo commento ad uno dei miei precedenti post: un breve controllo ed una collega mi avvisava che il sindacato in realtà è intervenuto sulla questione pubblicisti e lo ha fatto attraverso una intervista a due voci di Roberto Natale (insieme ad Enzo Iacopino) sul numero del 31 dicembre de “la Repubblica”.
Questo il testo delle due battute del presidente del sindacato unico dei giornalisti italiani:
Coloro che svolgono attività giornalistica non devono avere nulla da temere, tanto più quei pubblicisti che vivono o sopravvivono della professione, nella situazione di precarietà in cui spesso si trovano. Il sindacato si batterà affinché i giornalisti pubblicisti possano continuare a svolgere tranquillamente il proprio lavoro.
La spinta di legge all’adeguamento degli ordini è un’opportunità piuttosto che una minaccia. Da anni la Fnsi richiede una riforma radicale dell’ordine che punti su una qualifica ulteriore dell’accesso alla professione e sulla deontologia. Porteremo sul tavolo di lavoro questa esigenza di rinnovamento.
A parte la genericità di quanto affermato, che comunque potrebbe essere una conseguenza delle domande dell’intervistatrice o del taglio dell’articolo, la portata di un’intervista, “richiesta” da un giornale, è ben diversa da una presa di posizione ufficiale, come quelle, numerose, dell’Ordine dei Giornalisti. C’è ovviamente da dire che la questione attiene, come ho sempre scritto, ad un compito specifico dell’Ordine, ma la tutela dei colleghi pubblicisti che svolgono come esclusiva professione quella giornalistica è campo d’azione anche del sindacato, se vuole davvero essere rappresentativo di tutti i giornalisti italiani e non dei soli “garantiti”.
Non sono pregiudizialmente contrario alla Fnsi, sia chiaro, tant’è che sono iscritto al sindacato da oltre un decennio, ma sento viva la “lontananza” che esso ispira ai colleghi non garantiti. Il mio vuole essere un continuo sprone per i vertici sindacali per far sì che la maggioranza dei giornalisti italiani (ossia i freelance, gli autonomi, i collaboratori, i precari) possano essere tra le priorità della Fnsi e delle associazioni regionali di stampa. Solo così il sindacato potrà adempiere alla sua missione precipua e i giornalisti italiani torneranno a fidarsi di esso e ad iscrivercisi: del resto, Roberto Natale l’aveva avvertito distintamente a Firenze, quando ha chiesto un “supplemento di fiducia” per gli organismi sindacali. Personalmente, non faccio altro che spronare i miei colleghi precari (come me) ad iscriversi al sindacato visto che mi hanno sempre insegnato nella mia vita a partecipare ed impegnarmi prima di poter parlare o criticare. Non voglio un sindacato in più ad imitazione della “triplice” (o “quadruplice” se aggiungiamo l’Ugl), ma un sindacato rappresentativo e presente lì dove ce n’è bisogno.
Sul dibattito relativo all’Ordine dei Giornalisti, segnalo con piacere un intelligente (come sempre) intervento del collega Stefano Tesi, su una segnalazione che circola in rete da qualche giorno, secondo la quale in Germania si diventa giornalisti in trenta minuti, 50 euro di tassa e una serie di fotocopie.
Pffff…ma carnevale non è tra più di un mese? E qualcuno fa già battute esilaranti come questa: “…Il sindacato si batterà affinché i giornalisti pubblicisti possano continuare a svolgere tranquillamente il proprio lavoro….”? No, è roba da sganasciarsi. Oppure da andare lì col mitra, fai te.
Questa vicenda dei pubblicisti è già grottesca per come è stata fatta degenerare negli ultimi decenni, ma sentire adesso lo pseudosindacato “unitario” annunciare che si “batterà” (capito? “Batterà”: sono proprio senza dignità, costoro) per loro supera ogni soglia di ridicolo e di intollerabile.
Anche l’ordine ha le sue colpe, sia chiaro, visto che è il primo artefice del “giornalisticio” corrente che è alla radice di questo male (per chiarimenti vedere il mio blog, dove mi sono dedicato spesso all’argomento) è proprio lui. Ma vedere l’Fnsi ergersi a compare e fare ammuina è il massimo (o il minimo?).
Quanto al “krautciurnalism”, che dire? Non è una questione di tempi e modi, come ho scritto all’autore dell’articolo, ma di sostanza. se vogliamo che tutti siano “caballeros”, diciamolo.
Ma, allora, lo siano tutti-tutti: chiunque, a proprio capriccio, possa dall’oggi al domani inventarsi avvocato, chirurgo, elettricista, geologo, infermiere, astronauta, ammiraglio, etc.
Se per qualcuno è una conquista…boh!