Quando il rattoppo è peggio dello strappo: il sindacato non desiste
Finalmente abbiamo conosciuto il testo degli emendamenti della Fnsi alla “Carta di Firenze” e soprattutto la premessa che l’accompagna (che ho trovato nel sito di “Nuova Informazione”) e sto seguendo, grazie alla giornata prefestiva di assoluto relax, il dibattito che si è svolto e si sta svolgendo in rete: non c’è dubbio che il rattoppo è peggio dello strappo.
Il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha provato a spiegare (o giustificare?) questa intempestiva presa di posizione del sindacato unico (più che unitario) dei giornalisti con una lettera aperta indirizzata ai propri rappresentanti che sono stati con noi a Firenze e hanno condiviso il lavoro duro e partecipativo fatto dai 400 dell’Odeon e dalla commissione ristretta che ha lavorato fino a notte fonda per limare il testo: una missiva che, seppur intessuta di valori e di idealità, non guarda in faccia alla realtà, fatta – come lo stesso presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, ha ripetuto a L’Aquila – di evidenti connivenze tra redattori, capiredattori e direttori e gli editori che sfruttano il lavoro precario, sottopagandolo o non pagandolo affatto. Questo chiudere gli occhi di fronte alla realtà è il segnale più evidente di come il sindacato non solo non è più rappresentativo dei colleghi precari e del lavoro autonomo in genere (che, non a caso, non si iscrive neppure più ad esso proprio per mancanza della seppur minima percezione di rappresentatività), ma non è più neanche rispondente ai suoi fini statutari. Qualcuno lancia strali sul correntismo che paralizza la Fnsi; io, non conoscendo direttamente il problema, non posso confermare, ma per la mia breve esperienza sindacale in Abruzzo, posso almeno dire che le “rendite di potere” all’interno delle associazioni regionali di stampa sono quanto di più paralizzante possa esistere. In maniera plastica, la situazione l’ha descritta il collega, altra piacevole e solida conoscenza di Firenze dopo l’apprezzamento virtuale venuto fuori dal gruppo Facebook di Cinqueuronetti, Giulio Volontè, che si chiede se possa esistere un sindacato che unisca in sé i gatti e i topi.
Mi sento di sottoscrivere, parola per parola, l’intervento del collega Stefano Tesi, che ancora una volta ha pubblicato sul suo blog un’analisi forse impietosa ma molto molto realistica (oltre che condivisibile).
Ho poi letto, con sollievo, l’articolato documento del sempre lucido Maurizio Bekar, conosciuto a Firenze, che è stato componente del gruppo di lavoro della Fnsi che ha lavorato all’Odeon ed è stato escluso, come i suoi colleghi, da tutti i successivi passaggi sulla Carta di Firenze al sindacato: com’è possibile che la Fnsi non abbia coinvolto proprio i rappresentanti che essa stessa aveva designato ed inviato nell’assemblea fiorentina e che si sono impegnati, per nome e per conto del sindacato, a promuovere il testo approvato all’unanimità? Inizio anch’io a pensare che la riunione di Fiesole, convocata “casualmente” proprio nei giorni dell’Odeon, sia stato un evidente tentativo di depotenziare l’assemblea dei precari (ri-cito Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma il più delle volte ci s’azzecca”).
Roberto Natale a Firenze – lo ricorda bene Giulio Volontè – ci chiedeva di dare un’ultima apertura di credito al sindacato: ebbene, l’apertura gliel’abbiamo data ma la Fnsi, anche stavolta, ha sprecato l’occasione e si è chiusa a riccio per difendere lo status quo. Non sarebbe ora davvero di proporre un’organizzazione (para)sindacale degli autonomi, dei freelance, dei collaboratori, dei precari?
Plaudo all’ottimismo del collega veneto di Re:Fusi, Nicola Chiarini, anche lui piacevole conoscenza fiorentina, che ci richiama all’unità e sottolinea come le resistenze fossero state già messe in conto, ma vale la pena ancora aspettare che il sindacato cambi “dall’interno”, come ci diciamo sempre più spesso?
Vabbè, è Natale (non Roberto), bisogna essere fiduciosi nella capacità degli uomini di rigenerarsi e migliorare: in realtà io lo credo fermamente, ma mi sembra comprensibile uno sfogo dopo che ti sono cadute le braccia nel verificare che ancora una volta il sindacato, che tutti vorremmo davvero più rappresentativo, più aperto, più battagliero, più moderno non desiste nel suo atteggiamento cieco.
Un buon Natale a tutti i colleghi, in special modo ai precari: del resto, anche il Signore Gesù, a suo modo, dopo aver scelto di abbandonare la vita del “padroncino” nella falegnameria paterna, ha deciso di seguire la sua vocazione di maestro errante e senza garanzie (nel Vangelo di Luca capitolo 9 versetto 58, a chi vuole seguirlo Gesù dice: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”).