Solo professionisti nell’Ordine dei Giornalisti: dalla manovra una buona notizia!
Grazie all’efficace e tempestivo articolo del collega Franco Abruzzo nel suo aggiornatissimo e importantissimo blog, apprendo delle novità (ormai da considerarsi definitive, visto il voto di fiducia che si profila alla Camera e al Senato) in merito agli Ordini professionali previste dalla manovra “Salva Italia” del Governo Monti.
Approfitto della notte che precede il Premio Polidoro, che sto utilizzando per rivedere l’impianto della giornata di domani e limare il mio lavoro da moderatore che domani mi vedrà protagonista, anche per fare qualche rapida considerazione “dal sen fuggita”, specie sulla novità più importante: niente più pubblicisti nell’Ordine dei Giornalisti, solo professionisti che hanno superato l’esame professionale.
Primo commento: era ora!
Con ciò non voglio assolutamente disconoscere l’apporto di quei pubblicisti che danno l’anima nella loro professione e che non possono accedere all’esame professionale solo per motivi burocratici o di retribuzione (o non sono stati assunti come praticanti, figura ormai mitica e sempre più evanescente nelle redazioni italiane o non riescono a raggiungere i minimi retributivi per l’iscrizione come freelance): anzi, ad essi (ed io ho appartenuto a questa categoria per quasi 13 anni) ritengo che vada data l’opportunità, se svolgono la professione come unica fonte di reddito, di accedere ai 18 mesi di praticantato e poi di sostenere l’esame professionale. Credo che l’Ordine dei Giornalisti debba trovare il modo di ammetterli in questo percorso che li porterebbe al professionismo, giusto riconoscimento per anni di lavoro duri e faticosi.
Tuttavia non posso non essere soddisfatto per la cancellazione in blocco di tanti “falsi pubblicisti”, ossia di una pletora di colleghi che non scrivono una riga da anni (e, se sono iscritti da più di 15 anni non è possibile più rimuoverli), e soprattutto di tanti “dopolavoristi” che fanno questo mestiere “per hobby” come arrotondamento allo stipendio principale, o peggio come piacere personale per il quale accettano anche di lavorare gratis, rovinando di fatto il mercato per coloro che questa professione l’hanno scelta come esclusiva e si dannano ogni giorno per racimolare l’equo compenso per le loro fatiche.
Da ora in poi potrà svolgere questa professione solo chi l’ha eletta come esclusiva. E chi non è professionista non potrà più “inquinare” il mercato. Ci sarà – sperabilmente, sempre che i neo-professionisti non si svendano – una fetta di “mercato” più grande per tutti, pagata meglio.
Questa è stata davvero una buona notizia.
Certo, ci sono risvolti che vanno considerati: la sparizione dei pubblicisti significherà anche all’improvviso la liquefazione di oltre il 50% delle entrate degli Ordini regionali e di quello nazionale, con il prevedibile aumento della quota annuale.
La necessità di prevedere (finalmente!) una formazione continua obbligatoria genererà nuovi costi da coprire in qualche maniera.
Non è ancora chiaro se il nuovo “Consiglio di disciplina” a cui saranno trasferiti i poteri disciplinari ora in capo ai Consigli regionali dell’Ordine saranno finanziati dallo Stato o, come temo, dagli stessi Ordini regionali (con quali risorse aggiuntive?).
Tuttavia, nonostante le incognite, credo che stanotte andrò a dormire proprio soddisfatto: il giornalista, d’ora in poi, sarà un mestiere solo per giornalisti e non per “dopolavoristi”, che non si sono mai visti in nessun’altra categoria professionale (immaginate avvocati, ingegneri o medici a tempo perso?).
Non capisco tutto questo livore nei coro nella polemica nfronti dei pubblicisti. Non entro in polemica perche mi sembra che sia lo sfogo di un frustato e giornalaio disoccupato
Una considerazione che si apre con una prosopopea, poi prende atto che vi sono pubblicisti che sputano sangue e lavoro malagiato nelle redazioni. Ammette di aver svolto il ruolo da pubblicista per 13 anni ed infine pontifica sui “dopolavoristi” e gli “hobbisti”.
Orbene… Puoi fare i nomi e cognomi dei “dopolavoristi?”… Quanti se ne conoscono? E quanti lavorano “gratis” nelle redazioni dei giornali? E chi sono? Invero ho conosciuto decine di ragazzi che sono sfruttati, mal pagati, vessati con il “miraggio” del “patentino”. E molti, moltissimi, sono divenuti professionisti con vertenze sindacali dopo aver lavorato per anni nelle redazioni. Un’ultima considerazione… Dive sarebbe la “liberalizzazione” eliminando i pubblicisti? Voglio ricordare il “contributo” economico che questi apportano all’Ordine che certamente non è cosa di poco conto. E ancora… Il Giornalismo è mutato e mutevole nelle sue espressioni di comunicazione. Con la eliminazione dei Pubblicisti si crea una nuova Casta.
Non credo di aver scritto mai una riga della mia vita con livore, il mio intervento non è in polemica con i pubblicisti né posso essere frustrato o disoccupato, visto che non ho un attimo di tempo in considerazione del lavoro che devo fare per racimolare uno stipendio decente, anche a causa di chi, con uno stipendio bello ed assicurato (bancari, pensionati, dipendenti pubblici) si permette di fare il giornalista a tempo perso, offrendo servizi giornalistici per poco o nulla. Nomi ne conosco a bizzeffe, ma non certo li faccio sul web, ma nelle sedi competenti di Ordine e Sindacato, dove non mi sono mai tirato indietro quando c’era da denunciare ciò che non va. Il giornalismo è una professione e le centinaia di pubblicisti che lavorano duramente sono da promuovere sul campo praticanti ed essere avviati all’esame professionale. Tuttavia, non è accettabile che ci sia chi lavora anche gratis e magari accetta pure di pagarsi le ritenute d’acconto per avere l’iscrizione all’Ordine (non parliamo, vi prego, di “patentino”, mica dobbiamo portare i motorini con la tessera professionale). Il problema è di regole e di serietà. I pubblicisti avevano senso nel 1963, quando la legge (ormai decrepita) costitutiva dell’Ordine fotografava la realtà del giornalismo di allora. Oggi tutto è cambiato ed occorrono nuove risposte alle esigenze della professione. E quella di professionalizzare la categoria è una delle risposte che occorrono, visto che ci sono troppi giornalisti improvvisati. Inoltre, la previsione della formazione obbligatoria e continua per i giornalisti è un corollario necessario che la manovra di agosto (confermata a dicembre) ha introdotto. Liberissimi di pensarla diversamente, del resto il confronto è il sale della vita, ma per cortesia nessuna offesa, visto che io non ne ho lanciate.
Replico a quanto scritto a commento della “Manovra salva Italia” in maniera pacata, ma in parziale disaccordo. Io sono un imprenditore, iscritto all’Albo come pubblicista per ovvi motivi; reputo sia giusto riconoscere un posto d’onore a chi la penna la usa di professione, ma credo che sia altrettanto ingiusto asserire che i pubblicisti inquinano il mercato. Tale situazione è stata creata dalle testate stesse e dagli editori, i quali per non far salire a livelli esorbitanti i costi si appoggiano ad aspiranti giornalisti poco più che ventenni o a pubblicisti che sputano l’anima di notte per consegnare i pezzi richiesti entro la data richiesta. Sto parlando per esperienza personale ovviamente; sono stato collaboratore per una testata di RCS per un po’ di anni e d’abitudine dopo le mie ore lavorative (mediamente 12), tornavo a casa e mi mettevo a scrivere fino a notte fonda. Sinceramente non credo di essere stato causa di un impoverimento del mercato giornalistico, anzi. Piuttosto mi sento un appassionato che porta e ha portato un contributo abbastanza importante alla propria testata, la quale paga figure come la mia con qualche nocciolina e poco più. Mi creda Signor Antonelli, la mia era una “paghetta” più che una valida ricompensa e di certo non sono stato io a proporre quelle cifre. Ribadisco che trovo corretto dare molto più valore al Giornalista Professionista, ma la Sua critica al pubblicista la trovo arida. Chi Le scrive è un professionista di altro genere, che per PASSIONE fa il giornalista, anzi il pubblicista; dalle Sue parole “Ci sarà – sperabilmente, sempre che i neo-professionisti non si svendano – una fetta di “mercato” più grande per tutti, pagata meglio.” credo si riesca ad evincere che la Sua passione sia piuttosto quella della moneta nel portafoglio e Le do assolutamente ragione di questo, ma la prego non giudichi negativamente chi fa un lavoro con vera passione, senza poter avere voce in capitolo a livello di retribuzione e accettando condizioni imposte da altri. La colpa credo sia da attribuire a chi permette l’esistenza di questa situazione, non trova?
Le porgo cordiali saluti.
La ringrazio della pacatezza del Suo intervento, tuttavia è la passione di un mestiere che faccio da 18 anni che mi fa scrivere in questa maniera. La passione non può comunque far venire meno la necessità di assicurarmi il diritto di poter vivere onestamente e dignitosamente del lavoro che ho scelto per la mia vita. Ha ragione sull’esistenza di veri pubblicisti, come lei, e con lei contesto fortemente un sistema che permette che gli editori impongano a chicchessia condizioni alle quali non può rinunciare. Dobbiamo lavorare tutti insieme perché ciò non accada più, ma per farlo occorre che ci siano persone che sappiano dire di no a condizioni inaccettabili. Lei però quelle condizioni le può accettare visto che ha un altro lavoro che le garantisce la tranquillità economica, io no, visto che ho scelto questa professione come esclusiva.
Questo stato di cose denuncio e contro questa situazione mi batto.
Assolutamente d’accordo. Grazie per lo scambio di idee.
Con l’occasione Le auguro buone Feste.
Grazie a lei. La discussione serrata dimostra come sia importante e sentita la riforma dell’Ordine e della professione! Tanti cari auguri anche a lei.
Antonello,
scusami ma l’aver passato un esame di stato non ti dà alcun diritto ad avere una professione retribuita… io ho una rosticceria e nel tempo libero collaboro con testate locali. Ma che male c’è?? Se poi tu pretendi di essere pagato per fare lo stesso lavoro che faccio io dopo 12 ore di rosticceria, il problema è tuo.
Se hai scelto come esclusiva una professione da cui non riesci a garantirti un reddito decente, questo è un problema tuo… Se la gente un giorno smette di comprare da me, troverò qualcos’altro da fare nella vita. E non me la prenderò con i pubblicisti che svendono rosticini… Ciao
Io ho 21 anni e a gennaio avrò completato il biennio di collaborazioni, raggiungendo il numero di articoli richiesto per diventare pubblicista. Apprendo solo ora di questa notizia e non posso negare di essere molto deluso. Deluso perchè il fantomatico tesserino costituiva comunque un traguardo, una meta intermedia, un piccolo premio a coronamento di un lavoro svolto.
Volevo fare il giornalista. Ma in questi due anni ho rivalutato molte delle mie convinzioni. Oggi non so più cosa voglio. So solo che ho cominciato ad odiare questo lavoro e tutto quello che c’è intorno ad esso. Odio gli stage e i direttori che ti tengono sulle spine per mesi e mesi salvo poi liquidarti in malo modo; odio non sapere che cosa sarà della mia vita lavorativa; odio non vedere un futuro; odio non avere delle coordinate; odio essere sfruttato; odio la parola “precariato”. Odio questo mondo di merda che non fa altro che mettere ostacoli su ostacoli. E odio non trovare una cazzo di redazione che mi faccia fare il praticantato.
Scriverò per diletto. Riconsidererò la mia vita. Allargherò i miei confini. Fino a ieri ero contento di essere un quasi pubblicista. Da domani sarò contento di non esserlo mai stato. Fanculo.
Ah. Dimenticavo. Odio Clemente Mimun che assume il figlio del giornalista deceduto come praticante. Ed è stato definito “bel gesto”. Non ci stanno figli e figliastri. Nooooooooo, mica. Wooooow, assunto perchè gli è morto il padre. Pure a me m’è morto, ma non l’ho scritto sul curriculum.
Rifanculo.
Comprendo la tua amarezza, ma posso darti un consiglio? Se intendi fare questa professione per la vita, allora iscriviti, diventa pubblicista innanzitutto: di strade per svicolare ce ne saranno, ne scriverò tra poco sul mio blog. Tuttavia, come tu hai evidenziato per bene e come io so per essere un precario storico del giornalismo da ormai 18 anni, questo lavoro non dà certezze (a meno che tu non abbia un cognome “eccellente” o una raccomandazione forte), ma se fatto con dignità e professionalità regala una meravigliosa esperienza di vita. Certo, al costo di non sapere mai o quasi mai se potrai sposarti, mettere su famiglia, accendere un mutuo. Sono scelte… purtroppo imposte da un mercato del lavoro asfittico che nel mondo del giornalismo è ancora peggiore! In bocca al lupo!
ho letto i suoi commenti. spero che vada a letto comunque bene dopo agosto. perchè la storia sarà la stessa. i giornali di provincia continueranno a mantenere gli stessi stipendi perchè non ce la fanno a pagare per tutti i professionisti di cui hanno bisogno. E quello che non trovare l’inganno alla Legge- come solito in Italia – chiuderanno o saranno salvati da un ennesimo condono made in Montecitorio.
Ho lasciato la professione perchè non mi andava di arroccarmi su una montagna impossibile da scalare – ora scrivo su un mio blog regolarmente registrato, grazie alla mia iscrizione, ma da cui non traggo profitto e ne tantomeno rubo fette di mercato.
In un giornale di provincia per cui collaboravo sono passato dai 20 euro lordi ad articolo del 2005 agli 8 lordi del 2011. Secondo lei, quale professionista potrà accettare una paga del genere? uno che ha speso 15mila euro e due anni in una scuola di giornalismo? Secono me, l’intero albo dei giornalisti deve esser abolito e ci si deve affidare ad un sindacato come per tutti i mestieri. La formazione ed eventuali tirocini (stage) devono esser a carico delle aziende che assumono. Mi sembra assurdo che un ambizioso giovane debba cercarsi il tirocinio chissà dove o una scuola di giornalismo pagando fior di quattrini e perdendo 2 anni della sua vita e carriera! solo in Italia. Che le tv o i giornali più grossi taglino i costi di opinionisti e veline travestite da giornaliste per assumere giovani zelanti da lanciare al professionismo.
saluti.