Il testo della Carta di Firenze
Rientrato finalmente a casa, ho potuto riordinare un po’ i materiali portati via da Firenze ed in attesa di rifletterci su, pubblico il testo completo della “Carta di Firenze” che ci ha impegnato negli ultimi due, splendidi e produttivi, giorni.
BOZZA – CARTA DI FIRENZE
Della deontologia sulla precarietà nel lavoro giornalistico
Testo
in memoria di Pierpaolo Faggiano
PREMESSA – Lo scenario della precarietà lavorativa nel giornalismo
Mai come negli ultimi anni il tema della qualità del lavoro si è offerto alla riflessione pubblica quale argomento di straordinaria e, talvolta, drammatica attualità. A preoccupare, in particolare, è la crescente precarizzazione lavorativa di intere fasce della popolazione che, per periodi sempre più lunghi, vengono costrette ai margini del sistema produttivo e professionale, con pesanti ricadute economiche, sociali, psicologiche ed esistenziali. Il giornalista infatti, costretto nel limbo di opportunità capestro, per lo più prive di prospettive a lungo termine, è a tutti gli effetti un cittadino di serie B, che non può costruire il proprio futuro, e nemmeno contribuire allo sviluppo del Paese, e ciò in netto contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione:
Art. 3, comma 2: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Nello specifico del lavoro giornalistico, in qualsiasi forma e mezzo sia declinato (stampa, radio, TV, web, uffici stampa, etc.) la situazione appare anche più grave. Un giornalista precarizzato, poco pagato, con scarse certezze e prospettive e talvolta, per carenza di risorse economiche, anche poco professionalizzato, è un lavoratore facilmente ricattabile e condizionabile, che difficilmente può mantenere vivo quel diritto insopprimibile d’informazione e di critica posto alla base dell’ordinamento professionale.
Un giornalista precario e sottopagato – soprattutto se tale condizione si protrae nel tempo – viene di fatto sospinto a lavorare puntando alla quantità piuttosto che alla qualità del prodotto informativo, e con poca indipendenza, sotto l’ombra di un costante ricatto che dal piano economico e professionale passa presto a quello dei più elementari diritti, a partire da quelli costituzionalmente riconosciuti.
La condizionabilità e ricattabilità dei giornalisti sono inoltre strettamente correlate alla possibilità di trasmettere una buona e corretta informazione, andando a inficiare uno dei capisaldi del sistema democratico (Cfr. Corte Cost. n. 84 del 1969, Corte Cost. n. 172 del 1972, Corte Cost. n. 138 del 1985).
La professione giornalistica negli ultimi anni ha subito profondi mutamenti, e molti altri ne dovrà subire con il progredire della tecnologia e delle nuove aspettative delle aziende editoriali.
Quello che resta e resterà inalterato è però il ruolo del giornalista e gli obblighi che questi ha nei confronti dei lettori e della pubblica opinione.
In un mercato del lavoro giornalistico come quello attuale, sempre più caratterizzato dalla precarietà, è quindi necessario un maggior riconoscimento e rispetto della dignità e della qualità professionale di tutti i giornalisti, dipendenti o collaboratori esterni e freelance.
È necessario ribadire con forza che il primo diritto del giornalista è la tutela della sua autonomia, che in caso di precarietà lavorativa, fenomeno sempre più espansione, è troppo spesso lesa da inadeguate retribuzioni, da politiche aziendali più attente al risparmio economico che ad investimenti editoriali e qualità finale del prodotto giornalistico.
Ma anche da scelte di organizzazione del lavoro da parte di colleghi giornalisti collocati in posizioni gerarchicamente superiori.
Per queste ragioni l’Ordine dei Giornalisti e l’Fnsi, nel promulgare la presente carta deontologica sui rapporti di collaborazione e solidarietà tra giornalisti per una nuova dignità professionale, affermano che l’informazione deve ispirarsi al rispetto dei principi e dei valori sui quali si radica la Carta costituzionale ed in particolare:
– Art. 1, comma 1 : L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.
– Art. 21, commi 1 e 2: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
– Art. 35, commi 1-3: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
– Art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
– Art. 41: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Nell’enunciare una nuova disciplina dei comportamenti etici tra giornalisti si richiamano con forza anche:
– Art. 2, comma 3, della legge 63/1969, istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti:
Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori;
– Artt. 4 e 5 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (Strasburgo, 1989):
Art. 4: Ogni persona ha diritto alla libertà di scelta di esercizio di una professione, secondo le norme che disciplinano ciascuna professione.
Art. 5, commi 1 e 2: Ogni lavoro deve essere retribuito in modo equo. A tal fine è necessario che, in base alle modalità proprie di ciascun paese:
-sia assicurata ai lavoratori una retribuzione sufficiente equa, cioè una retribuzione sufficiente per consentire loro un decoroso tenore di vita;
– i lavoratori soggetti ad una regolamentazione del lavoro diversa dal contratto a tempo pieno e di durata indeterminata beneficino di un’equa retribuzione di riferimento.
– Art. 32, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza, 2000):
I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione;
– Sentenza 11/1968 della Corte Costituzionale, ove si afferma:
[…] Il fatto che il giornalista esplica la sua attività divenendo parte di un rapporto di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparato che […] si giustificherebbe solo in presenza di una libera professione, tale il senso tradizionale. Quella circostanza, al contrario, mette in risalto l’opportunità che i giornalisti vengano associati in un organismo che, nei confronti del contrapposto potere economico del datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro personalità e, quindi, della loro libertà: compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale del diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla.
Art. 1– Politiche attive contro la precarietà
L’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi, alla luce di quanto esposto in premessa, nell’ambito delle loro competenze, vigileranno affinché:
• sia garantita a tutti i giornalisti, siano essi lavoratori dipendenti o autonomi, un’equa retribuzione che permetta al giornalista e ai suoi familiari un’esistenza libera e dignitosa, secondo quanto previsto dal dettato costituzionale;
• venga posto un freno allo sfruttamento e alla precarietà, favorendo quelle condizioni tese ad assicurare un futuro professionale e personale ai tanti giornalisti oggi privi di tutele e garantire nel contempo un futuro alla buona e corretta informazione nel nostro Paese;
• vengano favoriti percorsi di regolarizzazione contrattuale e avviamento verso contratti a tempo indeterminato ed equi, e realizzate le condizioni per promuovere evoluzioni di carriera e progressioni professionali;
• vengano correttamente applicate le norme contrattuali sui trattamenti economici;
• siano valorizzate, in caso di nuove assunzioni, le professionalità già operanti in azienda e quelle dei colleghi già iscritti nelle liste di disoccupazione;
• Vengano rispettati i limiti di legge e di contratto previsti per l’impego di stagisti o tirocinanti;
• sia favorito il percorso di adesione alle casse previdenziali e di assistenza sanitaria e previdenza complementare della categoria, in modo da garantire le necessarie tutele sociali ed economiche anche a chi non è inquadrato come lavoratore dipendente.
Il direttore responsabile deve promuove il rispetto di questi principi.
Art. 2 – Collaborazione tra giornalisti
Le forme di collaborazione e solidarietà tra giornalisti devono riguardare tutte le tipologie di lavoro giornalistico (stampa, radio, TV, web, uffici stampa, etc.).
Il direttore responsabile che rifiuti immotivatamente di riconoscere la compiuta pratica, è soggetto a procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 48 della Legge 69/1963 e dell’art. 43 del D.P.R. 115/1965.
La richiesta di una prestazione giornalistica cui corrisponda un compenso incongruo in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, lede non solo la dignità professionale ma pregiudica anche la qualità l’indipendenza dell’informazione, essenza del ruolo sociale del giornalista.
Ai fini della determinazione dell’adeguatezza dei compensi relativi a prestazioni di natura giornalistica, i consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti adottano e rendono pubblici criteri e parametri di riferimento.
Gli iscritti all’Ordine sono tenuti a non accettare corrispettivi inadeguati o indecorosi per il lavoro giornalistico prestato.
In conformità all’articolo 2 della legge 69/1963, Ordine dei giornalisti e Fnsi ribadiscono che tutti i giornalisti, senza distinzione di ruolo o incarico o posizione gerarchica attribuita, hanno pari dignità e sono tenuti alla solidarietà e al rispetto reciproco.
Tutti i giornalisti sono tenuti a segnalare ai Consigli regionali situazioni di esercizio abusivo della professione e di mancato rispetto della dignità professionale.
Tutti gli iscritti all’ordine devo vigilare affinché non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000. Il giornalista degli Uffici stampa istituzionali non può assumere collaborazioni, incarichi o responsabilità che possano comunque inficiare la sua funzione di imparziale ed attendibile operatore dell’informazione.
Gli iscritti all’Ordine che rivestano a qualunque titolo ruoli di coordinamento del lavoro giornalistico sono tenuti a:
non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedano compensi inadeguati;
- garantire il diritto a giorno di riposo, ferie, orari di lavoro compatibili con i contratti di riferimento della categoria;
vigilare affinché a seguito del cambio delle gerarchie redazionali non ci siano ripercussioni dal punto di vista economico, morale e della dignità professionale per tutti i colleghi;
impegnarsi affinché il lavoro commissionato sia retribuito anche se non pubblicato o trasmesso;
- vigilare sul rispetto del diritto di firma e del diritto d’autore.
- vigilare affinché i giornalisti titolari di un trattamento pensionistico Inpgi a qualunque titolo maturato non vengano nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro con forme di lavoro autonomo ed inseriti nel ciclo produttivo nelle medesime condizioni e/o per l’espletamento delle medesime prestazioni che svolgevano in virtù del precedente rapporto;
vigilare che non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000.
Art. 3 – Osservatorio sulla dignità professionale
Al fine di garantire la corretta applicazione dei principi stabiliti in questa Carta, l’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi promuovono la costituzione di un “Osservatorio permanente sulle condizioni professionali dei giornalisti” legato alle presenti e future dinamiche dell’informazione, anche in rapporto alle innovazioni tecnologiche.
L’Osservatorio ha il compito di vigilare sull’effettiva applicazione della presente carta, di avanzare proposte di aggiornamento nonché di segnalare quelle condizioni di sfruttamento della professione che ledano la dignità e la credibilità dei giornalisti anche nei confronti dell’opinione pubblica.
Art. 4 – Sanzioni
La violazione di queste regole, applicative dell’art. 2 della Legge 69/1963, comporta l’avvio di un procedimento disciplinare ai sensi del Titolo III citata legge.
E questo è il testo dell’ordine del giorno allegato alla “Carta di Firenze”, che contiene indicazioni e richieste “sindacali” e “politiche” rispetto al precariato:
Premessa
Per la prima volta in Italia, le nuove identità del lavoro giornalistico si sono incontrate e confrontate in un’assemblea nazionale che ha posto al centro del dibattito le tante, diverse condizioni di sfruttamento dei lavoratori. Si è così concretizzata una nuova solidarietà tra colleghi, rappresentanti di movimenti del territorio, raccolta dagli organismi di governo della categoria. Ci sono quindi le condizioni per accogliere le proposte che arrivano dai colleghi di tutto il Paese e dare via a una svolta più che mai prioritaria e indifferibile, perché la precarietà del lavoro rende ricattabili i giornalisti e, oltre a ledere la loro dignità professionale ma anche umana, mette in pericolo la libertà d’informazione e il pluralismo, e quindi la democrazia
Per questi motivi l’Assemblea riunita a Firenze il 7 e 8 ottobre 2011
per la manifestazione “Giornalismi e Giornalisti”
chiede con forza agli organismi di categoria, Fnsi, Ordine dei giornalisti, Inpgi, Casagit, di dare concreta attuazione, ciascuno per le proprie competenze, ai principi contenuti nella carta deontologica, in particolare a:
-promuovere una campagna per la dignità del lavoro per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni lavorative dei giornalisti sfruttati e senza tutele;
-fare pressione sul legislatore per l’approvazione della proposta di legge Moffa sull’equo compenso, che prevede in particolare la mancata erogazione dei contributi pubblici agli editori che non rispettano retribuzioni congrue e, attraverso l’Osservatorio previsto dalla Carta di Firenze, creare una black list degli editori inadempienti;
-sollecitare la costruzione di un nuovo quadro normativo che contempli il lavoro autonomo, anche attraverso sistemi di welfare concertati tra organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e degli istituti di previdenza;
-predisporre strumenti sindacali sempre più efficaci e partecipativi per organizzare la rappresentanza dei giornalisti non contrattualizzati, in particolare supportando la costituzione di coordinamenti dei collaboratori per testata che individuino un proprio rappresentante all’interno dei Cdr o, in alternativa, la possibilità per l’associazione sindacale regionale di nominare con pieni poteri un collaboratore come proprio rappresentante all’interno del Comitato di redazione;
-prevedere nelle contrattazioni aziendali la questione “collaboratori” e promuovere vertenze collettive specifiche per questi colleghi, come per esempio sui tempi di pagamento non rispettati oppure per contrastare tagli unilaterali dei compensi da parte degli editori;
-porre un freno a un mercato del lavoro sempre più selvaggio, in cui si è costretti a subire la concorrenza di non giornalisti e stagisti provenienti dalle scuole e dai master di giornalismo;
-vigilare con puntualità sia sui non iscritti che esercitano la professione non avendo titoli per farlo, sia sul rispetto dell’art. 2 della legge n. 69/1963 (“Giornalisti ed editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”), comminando a chi viola le norme le sanzioni previste, ma spesso disattese;
-sostenere e sollecitare sgravi fiscali per le testate che stabilizzano i lavoratori. Va inoltre creata una rete di “protezione”, da studiare insieme a Inpgi e Casagit, e da proporre al tavolo di concertazione tra editori, sindacato e governo: dagli ammortizzatori sociali per i precari e i cococo a una sorta di fondo/tesoretto di solidarietà che permetterebbe di erogare ai colleghi in difficoltà, in caso di discontinuità del lavoro o di malattia, maternità e congedi parentali, una sorta di minireddito/sussidio sociale o prestiti a tasso zero;
-garantire ai collaboratori freelance, collaboratori e lavoratori autonomi la tutela legale, in particolare ai colleghi che operano in contesti ambientali e territoriali a rischio e che sono sottoposti a intimidazioni e minacce della criminalità;
– garantire la tutela delle pari dignità e opportunità alle colleghe, valutando la possibilità di dare il via a comitati di parità all’interno delle aziende editoriali.
Appello agli editori
Lanciamo un appello agli editori, richiamandoli al dovere della responsabilità sociale d’impresa sancita dalla Costituzione, che impone loro di impegnarsi a contrastare i comportamenti di quelle aziende che vengono meno ai principi basilari di rispetto della dignità professionale ma anche umana, quali per esempio il vincolo di esclusiva imposto e senza congruo riconoscimento economico o la pretesa di prestazioni gratuite.