Giornalisti e manovra economica bis: occasione o pericolo?
La manovra economica bis, imposta per decreto poco prima di Ferragosto, agita non solo le tasche di tutti gli italiani, dai calciatori più blasonati e ricchi ai forzati dello stipendio (e del prelievo) fisso: anche il mondo del giornalismo, e ancor di più quello dei professionisti free-lance, che lottano da tempo per vedersi riconosciuto un trattamento economico “minimo”, viene toccato dalle norme varate in tutta fretta dal Governo. Sarà un’occasione di vera liberalizzazione e di progresso o un pericolo per le tasche già molto vuote dei free-lance?
Il dibattito, che si è acceso già sui blog e sui principali social network, ruota tutto attorno al comma 5 dell’articolo 3 della “manovra”, ossia il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, che proprio oggi ha iniziato il suo iter di conversione al Senato.
Il primo principio, stabilito dal “comma 5” alla lettera “b”, è condivisibile:
previsione dell’obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM). La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione
Per il giornalismo è una “mano santa”: finalmente arrivano corsi di formazione continua che la nostra categoria ha sempre imprudentemente evitato, nonostante la professione si facesse di anno in anno più difficile e le leggi in materia di informazione divenissero sempre più tecniche. Questo principio potrebbe essere letto anche come una vittoria di tutti quei Consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti, e tra di essi quello abruzzese, che da sempre premono sulla formazione dei colleghi, specie i neo-iscritti. Finalmente anche i giornalisti saranno come tutti i professionisti, che dovranno seguire corsi di aggiornamento periodici, pena una sanzione disciplinare, che spero sia adeguata alla gravità della mancanza.
Tuttavia, c’è poco da stare allegri continuando la lettura del “comma 5” che alla lettera “d” dà una “mazzata” al lavoro, sindacale, ma anche parlamentare, sul principio dell’equo compenso e dei minimi tariffari, che piano piano si era fatto strada negli ultimi mesi.
Il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe. Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse dei terzi si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia
Come si vede, non si fa in tempo ad esultare per la prima frase (“prendendo come riferimento le tariffe professionali”) che subito arriva la smentita, potente: “è ammessa la pattuizione dei compensi in deroga alle tariffe”. Se in sede di conversione del decreto legge non si stabilirà una casistica precisa del casi in cui questa possibilità di deroga ai tariffari sia possibile, sarà andato in fumo tutto il lavoro fatto finora per imporre il concetto di “minimo tariffario” come “equo compenso”. C’è chi controbatterà – come al solito – che bisogna lasciare che il mercato dispieghi le sue regole (ossia l’assenza di regole), confidando nella concorrenza. Ma quale concorrenza si può avere se in questi anni la “regola” è stata il rivedere al ribasso tutte le tariffe, tanto “c’è sempre chi è disponibile a scrivere per di meno”? Credo che i parlamentari che sono seriamente impegnati in questi mesi per una legge sull’equo compenso dei giornalisti dovrebbero seriamente meditare alcuni emendamenti, almeno “esplicativi”, a questa parte della legge.
Infine, alla lettera “e” c’è un principio che non è stato commentato da nessun blog specializzato, tutti tesi – giustamente – ad evidenziare la gravità della lettera “d” per i free-lance:
a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti
Questa normativa varrà anche per i giornalisti non subordinati? A rigor di logica pare di sì, visto che tutto il comma 3 dell’articolo 5 è rivolto ai professionisti in genere. Che significherà questo? Che forse dovremo aggiungere un altro (e più pesante) costo al nostro lavoro, quello di un’assicurazione “per i rischi derivanti dall’attività professionale”? E quali potrebbero essere questi rischi? A me ne viene in mente uno solo: la querela per diffamazione. Non è che gli editori e i committenti in genere (di uffici stampa, per esempio) inizieranno a pretendere questa assicurazione dai free-lance per non pagare più l’eventuale controversia giudiziaria che dovesse instaurarsi per un articolo, un commento, un reportage? Personalmente, ad esempio, nei contratti di direzione responsabile che stipulo, faccio inserire sempre la clausola dell’attribuzione all’editore dei costi di eventuali controversie giudiziare: ora i miei committenti potrebbero rifiutarmela, facendosi scudo della legge?
Sono riflessioni e dubbi che spero vengano dissipati dalla discussione della manovra in sede parlamentare, che andrà seguita molto attentamente, in quanto credo ci sarà in gioco una bella fetta del nostro futuro di professionisti.