Citizen Journalism vs. Ordini professionali
Mi sembra giusto riprendere, dal sito della collega Flavia Narducci, Webeing Wired Words, un’intervista che mi ha fatto l’8 ottobre 2010 in cui esprimevo alcune valutazioni sulle frontiere del giornalismo on-line e del cosiddetto “citizen journalism”.
Sono riflessioni che ripropongo anche per fornire una base di discussione e di confronto su questo mio nuovo blog.
Ecco il testo:
Partiamo subito andando al succo del discorso: citizen journalism vs ordini professionali. Chi vince?
In effetti è proprio una bella domanda. In Abruzzo c’è stato il boom del giornalismo “fai da te” subito dopo il terremoto e su una cosa non si può fare a meno di riflettere:la funzione del cittadino che scova i fatti è fondamentale, perché ci permette di fare quello che non possiamo fare più, i giornalisti. I cittadini ci spronano a rendere un servizio migliore. Con ciò non voglio però dire che tutti i cittadini possono diventare giornalisti da un giorno all’altro. Questo non perché ci sia conflitto tra giornalisti ecittadini, ma perché c’è distanza: la differenza sta nella qualità della notizia, nel suo approfondimento, nell’assunzione delle responsabilità. Nel caso delcitizen journalism a me lettore chi dà la certezza, la fondatezza della notizia? Chi c’è dietro quell’articolo, che competenze ha, può essere sanzionato? Ci sono regole che tutelano i lettori? No, direi proprio di no. Spesso, un articolo di denuncia scritto da un cittadino comune rimane in superficie, non va a fondo; questo anche perché il cittadino non ha armi che invece il giornalista può avere; al cittadino rimangono chiuse porte che invece il giornalista può aprire. In più (e forse questo l’hanno dimenticato un po’ tutti) il giornalista ha una funzione educativa; il giornalista formato nel giusto modo ha una funzione nella società, non dimentichiamolo e, soprattutto, chiamiamo le cose con il loro nome.
Si ma, dott. Antonelli, non crede che tante leggi andrebbero ormai cambiate, riformate? Siamo regolamentati da norme vecchissime.
Si è vero, le leggi sono vecchie, ma nessuno ci vieta di applicarle per intero. In Italia c’è la consuetudine di non applicare le leggi in tutte le loro parti. Stiamo dimenticando le sanzioni; bisogna sanzionare i giornalisti che sbagliano; bisogna farlo per ridare agli ordini la giusta dignità, per rendere la professione del giornalista più credibile e, soprattutto, per tutelare il lettore: il giornalista in questo modo si assume tutte le responsabilità di quello che scrive. E’ necessario poi che il giornalista sia correttamente formato: in Abruzzo, ad esempio, dal 2009 gli aspiranti pubblicisti devono sostenere un colloquio al fine di valutare la preparazione e, negli ultimi anni, sono state applicate diverse sanzioni disciplinari. Questo per ribadire il bisogno di professionalità. La professionalità garantita da un sistema regolamentato.
Quindi secondo lei giornalismo significa ancora ordine professionale.
Certo. Ripeto: chi mi dice quanto approfondimento c’è dietro a un articolo scritto da un cittadino qualunque? Spesso si tratta di denuncia così tanto per fare; c’è molto qualunquismo. Articoli di questo tipo non danno alcun genere di risposte. Non ignoro il fatto che la categoria dei giornalisti si sia impigrita, abbia perso molta della sua professionalità; inoltre, se non vengono applicate le sanzioni, non viene nemmeno più tutelata la deontologia professionale. Ma il punto è proprio questo: almeno un appartenente all’ordine è sanzionabile, un cittadino comune no: il cittadino comune non ha alcun tipo di responsabilità, non deve rispondere a nessuno del proprio operato.
Ma il sistema globale di certo non aiuta il giornalista “tesserato” ad affermarsi.
Verissimo. Innanzitutto penso che il sistema di formazione universitario sia limitato:il giornalista deve formarsi sul campo e non sui banchi. Inoltre, bisogna riformare l’intero sistema per dare la giusta retribuzione a chi fa questo mestiere e per dare ai tantissimi precari il giusto riconoscimento. Anche perché non dimentichiamo che quest’esercito di precari lascia solo spazio a un’informazione senza controllo. Se venisse riformato tutto il sistema il giornalista ritroverebbe la sua funzione originaria e naturale, quella di mediatore tra cittadino e luoghi di potere.
Web e carta. C’è chi dice che il giornalista del web non è un vero giornalista. Lei che ne pensa?
Penso che, al contrario, la testata on line risponde meglio alle esigenze della società, perché riesce ad arrivare prima alla notizia; il giornalismo fatto sul web risponde meglio alle richieste dei cittadini che vogliono leggere subito i fatti del giorno. Al giornalista “tradizionale” ora compete una nuova funzione, quella di approfondire i fatti, di far riflettere il lettore; questa nuova era del giornalismo è anche più stimolante perché il giornalista della testata cartacea ora ha finalmente il tempo di fare bene il suo lavoro, può dedicarsi alle lunghe inchieste, alle riflessioni; al web è chiesto invece di fare cronaca, di dare le notizie velocemente, ma ripeto: bisogna ridare dignità a questo mestiere.